Beirut (Libano), 12 apr. (LaPresse/AP) – Alle 6 di questa mattina (le 5 in Italia) è scattato il cessate il fuoco in Siria e per ora non si registrano notizie di grandi violenze e scontri. Benché, come conferma l’attivista Maath ah-Shami, “posti di controllo e carri armati non sono stati ritirati a Damasco”, la situazione per ora appare tranquilla. Ieri, quando ha annunciato che avrebbe fermato i combattimenti, come previsto dal piano dell’inviato speciale di Nazioni unite e Lega araba Kofi Annan, il regime ha posto una nuova condizione, ossia che avrebbe mantenuto comunque il diritto di difendersi contro i terroristi che sostiene siano dietro alla rivolta.
L’Osseravatorio siriano per i diritti umani riferisce che alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati nel quartiere Qadam di Damasco dopo la mezzanotte e che in un sobborgo della capitale si è verificata un’esplosione in un’auto, che però non ha causato feriti. Fares Mohammed, attivista del sobborgo Zabadani spiega che un carro armato che stazionava a un posto di blocco ha sparato tre colpi in un’area vicina tra le 5.50 e le 6.10 di questa mattina.
A Homs, punto caldo del conflitto, dalle 22 di ieri non ci sono stati bombardamenti. Tuttavia, testimonia Tarek Badrakhan, nelle prime ore del mattino i veicoli dell’esercito restano dispiegati per le strade. Le notti, aggiunge l’attivista, sono solitamente tranquille a Homs e di norma i bombardamenti riprendono la mattina, quindi è comunque troppo presto per capire se gli attacchi siano davvero stati interrotti. Rami Abdul-Rahman, direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, conferma che la situazione appare tranquilla anche negli punti caldi, ovvero le provincie centrali di Hama e Homs, le regioni settentrionali di Idlib e Aleppo, la capitale Damasco con i sobborghi e le città meridionali di Daraa e Deir el-Zour.
Anche l’Esercito libero siriano ha promesso di rispettare il cessate il fuoco. Una situazione come questa potrebbe tuttavia essere un notevole rischio per il governo di Bashar Assad. Molti attivisti hanno infatti previsto che, se il regime rispetterà l’accordo e riporterà le truppe nelle caserme, grandi folle di manifestanti potrebbero riversarsi per le strade. Oltre all’esercito, però, il regime può contare sulle milizie civili della ‘shabiha’ e sul forte apparato di sicurezza.
Intanto, da Pechino arriva la soddisfazione del governo cinese per il rispetto del cessate il fuoco da parte del regime. Il ministero degli Esteri ha lanciato un appello al presidente Assad, esprimendo la speranza che “metta in atto azioni concrete per supportare e collaborare agli sforzi di mediazione di Annan”. Pechino ha poi spinto l’opposizione armata a osservare a sua volta il cessate il fuoco e lavorare a una soluzione politica della crisi.
Alta ancora invece la tensione in Turchia, dopo che lunedì le forze armate siriane hanno sparato contro un campo rifugiati. “La Nato ha la responsabilità di proteggere il confine turco”, ha dichiarato il primo ministro Recep Tayyip Erdogan, facendo riferimento all’articolo 5 del Patto atlantico, secondo cui un assalto contro un membro dell’Alleanza rappresenta un attacco a tutti gli altri membri. A Erdogan ha fatto eco Ahmet Davutoglu. Il ministro degli Esteri ha infatti annunciato oggi che, essendo un membro Nato, la Turchia potrebbe chiedere aiuto all’Alleanza atlantica in caso di violazioni future.
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