Tripoli (Libia), 21 feb. (LaPresse/AP) – Il primo ministro libico Mustafa Abdul-Jalil ha riconosciuto che il suo governo di transizione non ha alcun potere nel controllare le milizie che rifiutano di deporre le armi dopo la caduta di Muammar Gheddafi. Abdul-Jalil ha dichiarato, in una intervista ad Associated Press, che il Consiglio nazionale di transizione ha fatto i suoi errori, ma ha anche criticato gli ex ribelli che hanno formato potenti milizie, così come i governi locali, emersi come rivali di quello di Tripoli nell’assumere il potere dopo la caduta di Gheddafi. “Siamo entrambi da biasimare – ha detto il premier – il piano del governo per integrare le milizie è lento e i rivoluzionari non hanno fiducia in esso”. Abdul-Jalil ha poi aggiunto che ciò che rimane dell’ex regime rappresenta ancora una minaccia e che ci vorranno anni per i nuovi leader della Libia per superare la “pesante eredità” della corruzione e della sfiducia, dopo i decenni vissuti con Gheddafi.

“Ciò che Gheddafi ci ha lasciato dopo quarant’anni al potere è un’eredità molto, molto pesante. Sarà molto difficile superarla in uno o due anni, o anche in cinque”, ha detto Abdul-Jalil dal suo ufficio a Tripoli. A capo del Cnt dalla sua formazione, ha poi ricordato che i parenti e i lealisti dell’ex dittatore rappresentano ancora un pericolo, perché vengono ospitati da Paesi che non hanno controllo su di loro. Non ha fatto i nomi delle nazioni, ma ha precisato che le relazioni della Libia con i suoi vicini saranno determinate da come risponderanno alle richieste di Tripoli di consegnare le ex forze del regime. “Dobbiamo assumere una posizione di forza con i nostri vicini”, ha spiegato il primo ministro.

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