Londra (Regno Unito), 3 gen. (LaPresse/AP) – La morte del 18enne Stephen Lawrence, pugnalato a morte da una banda di giovani bianchi il 22 aprile 1993 mentre era in attesa a una fermata dell’autobus a Londra, sconvolse il Regno Unito. Sia per il fatto in sé, ma anche per come la polizia britannica e le istituzioni per tanti, troppi anni, non sono stati in grado di trovare un colpevole. Oggi, finalmente, un tribunale di Londra ha riconosciuto la responsabilità di due persone, Gary Dobson e David Norris, rispettivamente di 36 e 35 anni, fin dal primo momento tra i sospetti per la morte del 18enne. La pena carceraria per i due sarà annunciata domani. Dure però le critiche contro la Polizia metropolitana di Londra che, dalle indagini, risulta abbia tenuto in questi anni un atteggiamento “istituzionalmente razzista” nei confronti del caso, ostacolando la raccolta delle prove e, quindi, lo svolgimento dei procedimenti legali. A incastrare i due le tracce di sangue e di capelli di Lawrence trovate sui loro vestiti, secondo la tesi della procura. La difesa sosteneva invece che le prove fossero contaminate.
Spero che la condanna dei due uomini riconosciuti oggi colpevoli per l’omicidio di Stephen Lawrence, ha commentato dopo il verdetto il primo ministro David Cameron, offra “una forma di conforto” alla famiglia del ragazzo. “Il verdetto – ha continuato il premier – non allevierà il dolore per aver perso un figlio, ma spero che porti almeno una forma di conforto dopo anni di battaglia”. Soddisfatta la famiglia del giovane ucciso, anche se la madre, Doreen, si è scagliata contro i ritardi della polizia. Parlando con i giornalisti fuori da una corte di Londra, la donna ha detto di aver provato “un misto di sollievo e rabbia dopo la sentenza. Rabbia perché io e la mia famiglia siamo stati obbligati a subire 18 anni di dolore e incertezze”. Sollievo perché adesso i due uomini “non possono più pensare di potere uccidere un uomo nero e farla franca”.
Il caso dell’omicidio di Lawrence aveva portato in passato all’apertura di diversi casi giudiziari, ma finora non aveva condotto al riconoscimento di alcun colpevole. I due condannati di oggi, Norris e Dobson, si sono dichiarati innocenti. Ma assieme ad altri uomini erano stati identificati dalla polizia come sospetti appena pochi giorni dopo l’omicidio. Due giovani, Neil Accourt e Luke Knight, erano stati accusati dell’assassinio nel giugno 1993, ma in realtà non sono mai stati processati con successo.
Durante il procedimento che si è chiuso oggi, sia Dobson che Norris hanno negato di essere razzisti, ma investigatori speciali che installarono una telecamera di sorveglianza nell’appartamento di uno dei due nel 1994 hanno scovato Norris in una invettiva a sfondo razzista in cui diceva che avrebbe torturato e ucciso persone di colore. Nelle immagini si vedevano anche alcuni uomini fingere di pugnalare le proprie vittime.
Dopo le iniziali difficoltà, la famiglia Lawrence ottenne del 1994 la possibilità di portare avanti una denuncia contro cinque sospetti. Due furono però rilasciati prima del processo nel 1996, mentre il caso contro gli altri tre, tra cui lo stesso Dobson, naufragò nell’aprile dello stesso anno, quando un giudice decise che la testimonianza dell’amico della vittima Duwayne Brooks, accolta invece nel processo che si è chiuso oggi, era inammissibile. L’allora segretario all’Interno al tempo, Jack Straw, ordinò quindi un’inchiesta sul caso. E lo stesso Straw oggi ha voluto ribadire che la famiglia Lawrence ha mostrato uno “straordinario coraggio”.
Alla lettura del verdetto Dobson, uno dei due colpevoli, ha commentato: “Avete condannato un innocente, spero che riusciate a convivere con i vostri errori”. Michael Mansfield, avvocato che rappresenta i genitori di Lawrence, ha invece voluto lodare la “grande dignità e persistenza” della famiglia nel cercare giustizia.
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