Londra (Regno Unito), 2 nov. (LaPresse/AP) – L’Alta Corte di Londra ha respinto la richiesta d’appello di Julian Assange contro l’estradizione in Svezia per accuse di violenza sessuale. I giudici John Thomas e Duncan Ousely hanno deciso che il fondatore di Wikileaks, che si trovava in aula per ascoltare la lettura della sentenza, dovrebbe essere mandato in Svezia per rispondere delle accuse. Non è chiaro se Assange potrà fare ricorso alla Corte suprema britannica.

“Considereremo i nostri prossimi passi nei giorni a seguire”, ha detto uscendo dal tribunale. Assange indossava un abito grigio e non sembrava arrabbiato né preoccupato. I suoi legali hanno ora 14 giorni di tempo per decidere se presentare un nuovo appello alla Suprema Corte del Regno Unito. Prima della sentenza l’avvocato Julian Knowles, esperto di estradizioni, aveva spiegato che nel caso in cui Assange potrà fare ricorso alla Corte suprema britannica probabilmente resterà agli arresti su cauzione per un paio di mesi. Nel caso in cui invece il fondatore di Wikileaks non potrà presentare ulteriore appello “verrà estradato entro 10 giorni”, aveva spiegato il legale.

Assange, 40 anni, è stato arrestato lo scorso dicembre e da allora si trova ai domiciliari in una casa vicino Londra messa a disposizione da un amico. La Svezia aveva chiesto l’estradizione di Assange per il caso del presunto stupro a Stoccolma di una donna e di molestie ai danni di un’altra. Il fondatore di Wikileaks nega però ogni accusa e insiste sul fatto che le accuse siano politicamente motivate e legate all’attività del sito, che ha pubblicato migliaia di documenti riservati. Lo scorso 24 ottobre Assange aveva lanciato un allarme: o si trovano i fondi o Wikileaks potrebbe chiudere entro fine anno perché è a corto di denaro dopo la decisione dello scorso dicembre di Visa, MasterCard, Western Union e PayPal di bloccare le donazioni per il sito.

Nato come deposito online per informazioni confidenziali, Wikileaks è salito agli onori delle cronache nell’aprile del 2010, quando pubblicò le immagini che mostravano due giornalisti della Reuters uccisi da un attacco militare americano a Baghdad. Il Pentagono aveva sostenuto che probabilmente i reporter si trovavano “in mezzo agli insorti”, ma il video girato dall’elicottero mostrava che i soldati Usa sparavano su uomini a pancia in giù e scherzavano dicendo “morti bastardi”. Nei mesi successivi Wikileaks pubblicò circa mezzo milione di documenti militari segreti relativi alle guerre in Iraq e Afghanistan, file che portarono alla luce i dettagli della guerra provando abusi e torture anche da parte delle forze di sicurezza irachene. Ma è stato l’anno scorso che Wikileaks ha suscitato più scalpore, quando pubblicò 250mila cablo del dipartimento di Stato americano. A quel punto una dopo l’altra MasterCard, Visa, PayPal e Western Union smisero di fare da ponte per le donazioni al sito, lasciando Wikileaks a corto di fondi proprio mentre cominciava a essere nel mirino di forti pressioni politiche, finanziarie e giudiziarie.

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