Lo rileva l'Istat. Nel rapporto anche lo stato della demografia: diminuiscono le nascite e l'età media sale a 46,4 anni

L‘importo medio dei bonus sociali corrisposti per far fronte all’aumento dei costi delle bollette di luce e gas ha sfiorato i mille euro a famiglia nel 2022. Lo rileva l’Istat nel nuovo rapporto sullo stato del Paese nella parte dedicata alla povertà energetica. In particolare, spiega l’istituto, “l’importo medio dei bonus sociali (elettricità e gas insieme) è stimato, nel 2022, a 992 euro per famiglia beneficiaria e oltre il 90% del valore totale della spesa per i bonus erogati è destinata alle famiglie appartenenti ai primi due quinti di reddito, le più povere“. Istat osserva però anche che “le famiglie ancora in povertà energetica dopo aver ricevuto il bonus sono il 25,1%. L’effetto del bonus nella riduzione della povertà energetica si attesta, dunque, su 2 punti percentuali”. 

17,6% famiglie a rischio non riesce a riscaldare casa

“In Italia, nel 2022, il 17,6% delle famiglie a rischio di povertà dichiara di non essere in grado di riscaldare adeguatamente l’abitazione, mentre il 10,1% dichiara arretrati nel pagamento delle bollette“, prosegue l’Istat nella sezione del rapporto sulla povertà energetica. Tra le maggiori economie europee – prosegue l’Istat – “solo la Germania mostra un’incidenza più bassa per entrambi gli indicatori”. “La lotta alla povertà energetica – aggiunge – è un aspetto chiave delle recenti strategie di policy della commissione Europea per favorire una transizione ecologica equa”. Le famiglie che hanno una spesa energetica troppo elevata unite a quelle il cui reddito scende sotto la soglia di povertà, “una volta fatto fronte alle spese energetiche, sono l’8,9% delle residenti in Italia e il 27,1% di quelle che ricevono in bolletta i bonus sociali, pensati per mitigare l’impatto sulle famiglie della crescita dei prezzi dei beni energetici”.

Nascite continuano a diminuire, -1,1%

Nel rapporto Istat anche lo stato della demografia nel paese, con le nascite che continuano a diminuire. “Nel primo quadrimestre 2023 le nascite (118mila unità) continuano a diminuire: -1,1 per cento sul 2022, -10,7 per cento sul 2019. Per quanto riguarda i decessi si assiste a una decisa inversione della tendenza negativa che aveva drammaticamente interessato il precedente triennio: sono 232mila nei primi quattro mesi del 2023, 21mila in meno sul 2022, 42mila in meno rispetto al 2020 e quasi 2mila unità in meno rispetto al 2019″, emerge dal rapporto. “Il 2022 si contraddistingue per un nuovo record del minimo di nascite (393mila, per la prima volta dall’Unità d’Italia sotto le 400mila) e per l’elevato numero di decessi (713mila). Dal 2008, anno di picco relativo della natalità, le nascite si sono ridotte di un terzo”, spiega ancora l’Istat. “Il saldo naturale è diminuito in modo progressivo nel corso del tempo, toccando il minimo nel biennio 2020-2021, quando si è registrata una riduzione di oltre 300mila individui in media annua. A questo si aggiunge, nel 2022, un ulteriore decremento di 321mila unità, che porta quindi, in soli tre anni, alla perdita di quasi un milione di persone (957mila unità). Il calo delle nascite tra il 2019 e il 2022 (27mila unità in meno) dipende per l’80% dal cosiddetto “effetto struttura”, ovvero dalla minore numerosità e dalla composizione per età delle donne. Il restante 20 per cento è dovuto, invece, alla minore fecondità: da 1,27 figli in media per donna del 2019 a 1,24 del 2022″.

Età media popolazione sale a 46,4 anni

“Nonostante l’elevato numero di decessi di questi ultimi tre anni, oltre 2 milioni e 150mila, di cui l’89,7 per cento riguardante persone con più di 65 anni, il processo di invecchiamento della popolazione è proseguito, portando l’età media della popolazione da 45,7 anni a 46,4 anni tra l’inizio del 2020 e l’inizio del 2023″, scrive ancora l’Istat. “La popolazione ultrasessantacinquenne ammonta a 14 milioni 177 mila individui al 1° gennaio 2023, e costituisce il 24,1 per cento della popolazione totale. Tra le persone ultraottantenni, si rileva comunque un incremento, che li porta a 4 milioni 530mila e a rappresentare il 7,7 per cento della popolazione totale”, si legge nel rapporto. “Il numero stimato di ultracentenari raggiunge il suo più alto livello storico, sfiorando, al 1° gennaio 2023, la soglia delle 22 mila unità, oltre 2 mila in più rispetto all’anno precedente. Gli ultracentenari sono in grande maggioranza donne, con percentuali superiori all’80 per cento dal 2000 a oggi. Risultano in diminuzione tanto gli individui in età attiva, quanto i più giovani: i 15-64enni scendono a 37 milioni 339mila (sono il 63,4 per cento della popolazione totale), mentre i ragazzi fino a 14 anni sono 7 milioni 334mila (12,5 per cento)”. 

In Italia il primo figlio a 32,4 anni

“L’evoluzione di periodo del numero medio di figli per donna in Italia continua a essere fortemente condizionato dalla posticipazione della genitorialità verso età più avanzate. L’età media al parto per le donne residenti in Italia, aumentata di un anno dal 2010 al 2020, è stabile negli ultimi due anni e pari a 32,4 anni“, emerge ancora. 

Speranza di vita 80,5 anni per uomini e 84,8 per donne

Anche le stime sulla speranza di vita: “Nel 2022 la stima della speranza di vita alla nascita è di 80,5 anni per gli uomini e 84,8 anni per le donne; solo per i primi si nota, rispetto al 2021, un recupero quantificabile in circa 2 mesi e mezzo di vita in più. I livelli di sopravvivenza del 2022 risultano ancora al di sotto di quelli del periodo pre-pandemico, registrando valori di oltre 7 mesi inferiori rispetto al 2019, sia tra gli uomini, sia tra le donne”.

Popolazione continua a diminuire

Quanto al numero delle persone residenti in Italia, l’Istat registra ancora una diminuzione. “Al 31 dicembre 2022, la popolazione residente in Italia ammonta a 58.850.717 unità (-179.416 rispetto all’inizio dello stesso anno, -3,0 per mille); tale calo presenta, tuttavia, un’intensità minore, sia rispetto a quello osservato nel 2021 (-3,5 per mille), sia a quello del 2020 (-6,8 per mille), tornando a livelli simili al periodo pre-pandemico (-2,9 per mille nell’anno 2019)”.

In Italia solo il 40% delle scuole ha requisiti di sicurezza

Ma all’interno del rapporto annuale anche lo stato degli edifici pubblici. E a riguardo l’Istat scrive che “la maggior parte degli edifici scolastici statali non dispone di tutte le attestazioni relative ai requisiti di sicurezza: le certificazioni sono detenute da poco meno del 40 per cento dei casi. Riguardo alla raggiungibilità con il trasporto pubblico, si osserva uno svantaggio significativo per il Mezzogiorno: il 14,8 per cento degli edifici considerati risulta poco raggiungibile, sia con scuolabus sia con i collegamenti pubblici (7,8 per cento nel Centro e 5,7 per cento nel Nord)”. Inoltre “poco più di un terzo degli edifici scolastici, statali e non, è privo di barriere fisiche, con una forbice di quasi 8 punti tra le regioni del Nord e quelle del Mezzogiorno a sfavore di quest’ultimo. Solo il 16% delle scuole dispone di ‘segnalazioni visive’ per studenti con sordità o ipoacusia, mentre le ‘mappe a rilievo e i percorsi tattili’, necessari a rendere gli spazi accessibili agli alunni con cecità o ipovisione, sono presenti solo nell’1,5% delle scuole”.

Spesa pubblica per istruzione più bassa di media Ue

“La spesa pubblica per istruzione in rapporto al PIL mostra un minore impegno del nostro Paese per questa funzione rispetto alle maggiori economie europee (4,1 per cento del Pil in Italia nel 2021 contro il 5,2 in Francia, il 4,6 in Spagna e il 4,5 in Germania) e in generale rispetto alla media dei paesi Ue27 (4,8 per cento)”, rileva ancora l’Istat. 

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