I dati della Congiuntura flash di febbraio testimoniano un calo dell'inflazione. Cresce l'ottimismo nell'Eurozona

La crescita del PIL italiano è prevista scendere da un eccellente +3,9% nel 2022 (per due terzi ‘gonfiato’ dal trascinamento dal 2021), a un valore molto più basso nel 2023, ma decisamente migliore rispetto alle attese di pochi mesi fa. E’ quanto emerge dalla Congiuntura flash del centro studi di Confindustria. Nelle più recenti previsioni dei principali istituti, pur con delle differenze tra stime poco sopra o sotto il +0,6%, c’è una generalizzata e importante revisione al rialzo rispetto alle stime post-estate 2022, quando ci si aspettava una stagnazione o una moderata recessione, a causa del caro-energia.

Nel corso del 2022 ha sorpreso favorevolmente l’ottima tenuta dell’economia italiana, che ha frenato nel 3° trimestre (ma meno del previsto) e poi ha limitato al minimo il segno meno nel 4° (appena -0,1%), quando il gas era ancora molto caro (94 euro/mwh in media): la maggior parte degli analisti si attendeva invece un calo del PIL di almeno mezzo punto percentuale nel 4° trimestre del 2022.

Dal lato dell’offerta, l’industria è calata per due trimestri (il 3° e il 4° del 2022), ma in misura moderata se si considera l’ampiezza dello shock sul costo delle materie prime; i servizi continuano a crescere, tranati dal turismo, sebbene si sia ormai esaurita la spinta data dalle riaperture postCovid. Dal lato della domanda, il reddito reale totale delle famiglie non è crollato come si poteva temere a fronte dell’altissima inflazione e quindi i consumi sono rimasti su un sentiero di espansione (grazie anche all’extra-risparmio, accumulato dal 2020 fino a inizio 2022); come avviene per gli investimenti, sebbene con un progressivo rallentamento; l’export si è quasi fermato, ma nel peggiorato scenario è andato meglio di quanto segnalato dagli indicatori, anche se al netto dell’import ha abbassato il PIL.

La variazione acquisita del PIL per il 2023, quindi, è risultata di +0,4% e non intorno allo zero come si pensava qualche mese fa. Già questo fattore “aritmetico” motiva una decisa revisione al rialzo della crescita annua del 2023. La maggior parte dei previsori, in realtà, ha alzato le stime prima che l’ISTAT pubblicasse il dato sul 4° trimestre (31 gennaio), perché si era già convinta che l’inverno fosse stato di stagnazione invece che di caduta. Le diverse valutazioni sul 4° trimestre 2022, in effetti, sono state fino a gennaio il motivo principale nei divari tra i diversi previsori, ma questo fattore si sta riassorbendo nei round di aggiornamenti di febbraio, che chiaramente tengono conto del dato effettivo.

Tengono i consumi, investimenti in ripresa

Le vendite al dettaglio (di beni) fiacche nel 4° trimestre 2022 (+0,4% in valore, -1,8% in volume) confermano decisioni di consumo prudenti per l’alta inflazione; la spesa delle famiglie si è spostata ancor più verso i discount. Cresce invece la spesa per servizi (indice ICC). Per gli investimenti, lo scenario è migliorato a inizio 2023: le aspettative delle imprese sulla domanda sono tornate positive (+10,4 sul 1° trimestre il saldo delle risposte, -4,8 per fine 2022); e cresce la quota di aziende che prevede un aumento degli investimenti nei primi sei mesi (20,0 da 14,4).

Cresce occupazione ma manca manodopera

Accanto a un’occupazione in aumento (+37mila a dicembre), si registra in Italia una scarsità di manodopera per una quota crescente di imprese (7,3% da 1,8% a fine 2019, nella manifattura), segnale di carenze quantitative e disallineamenti di competenze (ma meno che nella UE). 

Cresce ottimismo in Eurozona

Cresce l’ottimismo nell’Eurozona. In Francia e Germania, dove a fine 2022 si è registrato un rallentamento del PIL meno intenso di quanto prospettato dagli analisti (+0,1% e -0,2%), gli indicatori qualitativi a gennaio tracciano un quadro più ottimistico, sebbene con forti asimmetrie: il PMI tedesco dei servizi torna in zona di espansione (50,7), mentre quello manifatturiero resta molto sotto la soglia (47,3); in Francia invece è la manifattura a risalire (50,5), mentre i servizi sono ancora deboli (49,4). 

Negli Usa invece nel 4° trimestre 2022 il PIL è cresciuto più dell’atteso (+0,7%), grazie a consumi e investimenti e soprattutto all’impulso della spesa pubblica (+0,9%). A inizio 2023, si conferma debole l’attività industriale: piatta la produzione, in area recessiva il PMI e l’ISM (46,9 e 47,4) e l’indice dei Direttori degli acquisti di Chicago (44,3). Viceversa, le vendite al dettaglio sono salite (+3,0%), in linea con la maggiore fiducia dei consumatori (66,4), mentre l’inflazione è scesa poco (6,4%).

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