L'ambasciatore d'Italia in Polonia in un'intervista a Tribuna economica
A fronte di un panorama sostanzialmente favorevole per gli imprenditori stranieri, “esistono comunque problematiche da menzionare, primi tra tutti il costo del lavoro che sicuramente è in aumento così come la difficoltà crescenti a reperire manodopera da impiegare negli stabilimenti”. A dirlo è l’ambasciatore di Italia in Polonia, Aldo Amati, che in un’intervista a Tribuna economica fa il punto sulle opportunità commerciali nel paese. “Già note sono invece le difficoltà linguistiche, che rendono più arduo il primo approccio verso il mercato e a cui si collega l’esigenza frequente di fare affidamento a studi legali e di consulenza per poter ‘atterrare’ nel Paese più rapidamente e con minori difficoltà”, spiega. La Polonia, spiega Amati, “è il più grande mercato dell’’Europa centro-orientale. Massicci investimenti di società multinazionali insieme all’utilizzo ottimale dei Fondi Europei hanno dato luogo a una forte e sostenuta crescita economica che ha consentito al Paese di ridurre progressivamente il gap con i principali partner. Il 2020, segnato dalla pandemia, ha portato ad una contrazione del Pil ‘solo’ del 2,8%, e già da quest’anno ci si attende un importante rimbalzo, nell’ordine del 4,5% se non ci dovesse verificare una recrudescenza della pandemia nel corso dell’anno. Parliamo dunque di un panorama solido da un punto di vista economico, che si innesta tuttavia in un contesto delicato sul piano della politica internazionale. In particolare, per quanto concerne i rapporti con l’Ue, è in corso un dibattito che tocca alcuni dei punti nodali dell’appartenenza alla casa comune europea e che naturalmente anche l’Italia segue con una certa preoccupazione. E evidente che per poter contare di piu’ in Europa bisogna conoscere le ‘regole del gioco’ “.
Dall’altro lato l’Italia “rappresenta già un partner di primissimo piano per la Polonia. Nel corso degli ultimi 3 decenni ci siamo affermati come terzo partner commerciale di Varsavia a livello mondiale (dietro a Germania e Cina), con un interscambio che nel 2020 ha raggiunto i 21.5 miliardi di Euro. Il nostro sistema imprenditoriale italiano è inoltre ben radicato nel Paese, dal momento che si contano oltre 2000 imprese italiane con investimenti produttivi o con attività di carattere commerciale o di consulenza”. Partendo da queste solide basi, “sono convinto che ci sia ancora un grande potenziale da esplorare in molteplici settori: mi riferisco, ad esempio, alle opportunità offerte dalla transizione energetica, ai settori farmaceutico e biomedicale, alla nuova frontiera dell’e-commerce che sta rapidamente cambiando le abitudini di acquisto dei cittadini polacchi”. La Warsaw Stock Exchange (Wse) “rappresenta probabilmente la più grande borsa valori di strumenti finanziari dell’Europa Centro-Orientale e una Borsa in rapida crescita in Europa. Ha anche una notevole rilevanza regionale, visto che la quota del Wse nel commercio sulle borse della regione è dell’81%”, sottolinea. Le Zone Economiche Speciali (Zes) “hanno subito una forte accelerazione e dalla metà del 2018 grazie ad una nuova legge che ha introdotto il programma Polish Investment Zone. Si tratta di un’estensione delle Zes, che hanno reso la Polonia un’intera zona economica speciale con il fine di incoraggiare gli attuali investitori a reinvestire in Polonia e ad attrarre nuovi investitori stranieri. L’agevolazione consiste in un’esenzione dall’Irpeg che va dal 10 al 50 percento in funzione della valutazione dell’utilità del progetto ai sensi della normativa che regola la materia in Polonia. I costi minimi dell’investimento per poter beneficiare, variano in funzione dell’indice di disoccupazione nell’area interessata e delle dimensioni dell’investitore mentre la durata dell’agevolazione concessa va da 10 a 15 anni (le agevolazioni concesse sotto la Legge precedente scadono nel 2026). Il valore degli investimenti esteri verso le Zes polacche, e verso il Paese in generale, è cresciuto costantemente nell’ultimo decennio, rendendo la Polonia uno dei Paesi Ue più attraenti in termini di Ide: il valore totale degli investimenti diretti esteri verso la Polonia nel 2019 ha infatti raggiunto 236,5 miliardi di dollari, cifra pari al 40% del Pil polacco”.
Per Amati “sono vari i settori che presentano maggiori potenzialità di sviluppo. Tra questi, come già anticipato, merita menzionare anzitutto quello energetico, dal momento che la Polonia ha avviato un percorso volto alla riconversione della sua matrice dal carbone a fonti più pulite ed efficienti e in particolare gas, eolico, fotovoltaico ed idrogeno. Inoltre, la Polonia intende continuare ad ammodernare la propria rete infrastrutturale e sono molti i programmi annunciati in materia potenzialmente di interesse per le imprese di costruzione. Non bisogna poi dimenticare comparti molto promettenti come quello biomedicale e farmaceutico così come l’industria 4.0, su cui esistono interessanti prospettive. A livello di export, come dicevo, i nostri prodotti e le nostre merci sono infatti fortemente apprezzati in questo mercato: non solo i macchinari, che sono la principale voce del nostro export in Polonia, ma anche autoveicoli, prodotti chimici, farmaceutici e della metallurgia, agroalimentare, abbigliamento, trovano nel mercato polacco uno sbocco naturale”.
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