Fca, un anno dopo Marchionne: Elkann è l’erede, le sfide di Manley

Fca, un anno dopo Marchionne: Elkann è l’erede, le sfide di Manley

Il nuovo a.d. sta gestendo il gruppo italo-americano nel segno della continuità, ma condividendo maggiormente le scelte

"La responsabilità condivisa non esiste. Io mi sento molte volte solo". Così diceva l'ex amministratore delegato Sergio Marchionne. E, a un anno dalla sua scomparsa, avvenuta a 66 anni il 25 luglio 2018 in una clinica di Zurigo, il suo successore Mike Manley, all'epoca numero uno di Jeep, sta gestendo il gruppo italo-americano nel segno della continuità, ma condividendo maggiormente le scelte. Nell'assemblea dello scorso aprile è entrato in cda come esecutivo il direttore finanziario, Richard Palmer, che già aveva aiutato Marchionne ad azzerare il debito, a mettere "la cucina in ordine", come diceva il manager con origini abruzzesi. E al nuovo capo operativo delle attività europee, Pietro Gorlier, sono stati dati più spazio e visibilità di quanta ne avessero i manager nell'era del carismatico capo esecutivo con il maglioncino.

"A un anno dalla scomparsa di Sergio Marchionne, l'esempio che ci ha lasciato è vivo e forte in ognuno di noi", commenta in una nota il presidente di Fca, John Elkann, ricordandone "decisione e coraggio". Manley ha tentato di seguire Marchionne sulla strada delle scelte ambiziose, come quella che portò l'ex a.d. a cogliere nel 2009 l'opportunità Chrysler e a fondere la casa di Auburn Hills con Fiat, fino a quotare a Wall Street il nuovo gruppo Fca nell’ottobre 2014. Un miracolo manageriale, per molti. L'a.d. inglese ha tentato di realizzare uno dei sogni del leader italo-canadese: creare il primo gruppo mondiale dell'auto. Alla fine scorso maggio Manley ha avanzato una proposta di nozze ai francesi di Renault, che avrebbe creato un gigante 'eurocentrico' da 8,7 milioni di auto vendute all'anno, il terzo gruppo mondiale dopo Volkswagen e Toyota. E, considerando i costruttori giapponesi alleati con la casa della Losanga, potenzialmente, con oltre 15 milioni di auto prodotte a livello mondiale, Fca avrebbe fatto parte della prima alleanza mondiale, ben 4 milioni sopra alla casa di Wolfsburg.

Il tentativo, fallito per le richieste eccessive del governo francese, che di Renault è primo azionista al 15%, ha messo in luce un presidente di Fca e socio di controllo, John Elkann, sempre più in prima linea nel gruppo, vero erede della lezione di Marchionne. È stato infatti Elkann a gestire la trattativa con il presidente della Régie, Jean-Dominique Senard, e le autorità francesi, dal ministro dell'Economia francese, Bruno Le Maire, al presidente, Emmanuel Macron. "Proponendo a fine maggio una fusione fra il suo gruppo, Fiat Chrysler, e Renault, prima di ritirare poi l’offerta, l’erede dell’esuberante Gianni Agnelli è apparso per quello che oramai è: un capitano d'industria che decide da solo", ha scritto poi il giornale francese 'Le Monde', vedendo ora l'uomo solo al comando nel presidente di Fca.

La sfida di Manley è ora quella di implementare il piano al 2022 presentato dallo stesso Marchionne a Balocco il 1 giugno del 2018. Nel frattempo, il nuovo a.d. ha venduto la componentistica di Magneti Marelli per quasi 6 miliardi di euro, permettendo una cedola straordinaria da 2 miliardi di euro e riportando il gruppo al dividendo ordinario. Ma il nodo chiave è l'elettrificazione della gamma, un obiettivo a cui l'ex capo azienda italo-canadese aveva destinato 9 miliardi di euro di investimenti, ma dove Fca deve inseguire colossi come Toyota. La fusione con Renault avrebbe aiutato sul fronte tecnologie, ma Fca è pronta ad accelerare anche da sola. Nel secondo trimestre del prossimo anno è prevista in uscita da Mirafiori la prima 500 elettrica, con le storiche carrozzerie avranno una capacità produttiva di 80 mila vetture annue.

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