L'Ocse mette l'Italia al quinto posto nella classifica relativa al peso delle imposte sui salari

Le famiglie non spendono: troppo cara la vita e troppe alte le tasse in busta paga. Così la ripresa si allontana e franano gli investimenti, con un raffronto lungo tutto l'arco della crisi impietoso. Nel giro di poche ore Istat prima ed Ocse poi, hanno messo nero su bianco ciò che gli italiani constatano ad ogni estratto conto, la ricchezza dal 2007 in poi è evaporata, ed il bilancio famigliare scricchiola ogni ora di più.

Nel 2016 le famiglie italiane hanno aumentato la spesa per consumi dell'1,3%, meno della crescita del loro reddito disponibile che è stata pari all'1,6%. Di conseguenza, spiega l'Istat, la propensione al risparmio delle famiglie è salita all'8,6% in rialzo dello +0,2%. Sale anche il potere di acquisto delle famiglie (+1,6%) in quanto il deflatore dei consumi privati risulta invariato. Ma questi soldi in più, non vengono spesi in prodotti reali, ma in bollette, tasse ed altri oneri. L'onere fiscale complessivo delle famiglie, al netto delle tasse già detratte in busta paga, nel 2016 rappresenta infatti il 16,6% del reddito disponibile, era al 16,5% nel 2015. In termini reali perciò i consumi finali delle famiglie, che relativamente al 2016 per volume sono risultati inferiori del 4,8% rispetto al 2007. Dopo il calo significativo del 2009 vi è stata una risalita e nel 2011 il volume dei consumi è risultato di poco inferiore a quello pre-crisi (-1,5% rispetto al 2007). In corrispondenza della seconda fase recessiva si è avuta, invece, una forte contrazione (nel 2013 il volume era del 7,7% al di sotto del livello di inizio periodo), solo parzialmente compensata dal lento recupero del 2014-2016. La spesa effettiva delle famiglie per l'acquisto di beni e servizi sul mercato, consumi netti, è scesa di 3,4 punti percentuali. La seconda conseguenza di questa diluizione della ricchezza, è che il flusso di investimenti misurati a prezzi correnti hanno registrato nel decennio 2007-2016 una flessione del 18,1%, con l'edilizia in frenata addirittura del 36,4%.

Tutto ciò avviene su stipendi che restano bassi, penalizzati dal 'cuneo fiscale': l'Ocse ci mette al quinto posto tra le economie avanzate. Per un lavoratore senza famiglia l'insieme delle imposte che tagliano le buste paga è pari 47,8%, dal 47,1% del 2000. Peggio di noi fanno solo Belgio (54%), Germania (49,4%), Ungheria (48,2%), Francia (48,1%). L'Italia al quarto posto con il 38,6% di cuneo per le coppie che hanno un figlio. Il rapporto 'Taxing Wages' 2017 diffuso dall'Ocse, evidenzia anche come tra 2000 e 2017 il cuneo fiscale medio di tutti i Paesi Ocse sia invece diminuito di 1 punto percentuale dal 37% al 36%. L'imposta sul reddito ed i contributi previdenziali assommano l'85% del cuneo fiscale totale, rispetto al 77% del totale Ocse, con un tax rate medio netto di 31,1% nel 2016, rispetto alla media Ocse del 25,5%. In altre parole in Italia la paga da portare a casa di un singolo lavoratore medio, al netto delle imposte e dei benefici, è pari il 68,9% del loro salario lordo, rispetto alla media Ocse del 74,5%.

Tornando ai dati Istat, viene segnalato come tra 2007 e 2016 i redditi da lavoro dipendente sono stati quelli più tutelati, si è infatti registrata un'evoluzione complessivamente positiva, con un aumento dell'8,6% tra il 2007 e il 2016. Inevitabile la spaccatura tra garantiti e non, ecco perché nel 2016 crescono dell'1,4% le prestazioni sociali nette ricevute dalle famiglie: aumento dello 0,8% delle pensioni e delle rendite; indennità, riferite in particolare a disoccupazione e maternità +7,5%, le prestazioni complementari (assegni familiari, assegno di integrazione salariale) dell'1,8% e le misure dirette al sostegno del reddito del 2,7%.

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