di Giuseppe G. Colombo
Roma, 30 giu. (LaPresse) – Un debito che ammonta a 330 miliardi di euro, pari al 180% del Pil, il più pesante nella zona euro; ma interessi e scadenze di pagamento in versione più ‘light’ rispetto a Roma e Madrid. E’ uno studio del think tank europeo Brueguel ad approfondire uno dei principali elementi della trattativa tra Ue, Bce, Fmi e governo greco in queste ore: il debito di Atene.
Il costo di gestione del debito greco, spiega lo studio, è inferiore agli interessi che devono pagare Paesi come Italia e Spagna, che hanno un debito relativo pari a meno di 3/4 rispetto a quello ellenico, il 120%/130% circa del loro pil.
In pratica, mentre Roma e Madrid pagano interessi pari, rispettivamente, a quasi il 5% e al 3% del Pil, il debito di Atene comporta un esborso effettivo, sempre in termini di interessi, pari al 2%. Vediamo come e perché.
Il valore nominale degli interessi per la Grecia è in realtà il 4,3% del Pil, ma l’impatto del pagamento è mitigato dal fatto che una tranche del conferimento degli interessi è stata posticipata a dopo il 2022, mentre gli interessi pagati alla Banca centrale europea e alle banche nazionali vengono restituiti.
La Grecia ha a che fare sostanzialmente con tre gruppi di creditori: i mercati finanziari, la Bce e le banche nazionali, il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf). Mentre ai primi Atene deve assicurare il pagamento regolare degli interessi, quelli nei confronti di Francoforte e degli istituti bancari nazionali sono legati al via libera del governo greco al pacchetto di salvataggio: il profitto realizzato da Francoforte e dagli istituti bancari nazionali verrebbe girato alla stessa Atene.
Bruegel spiega, insomma, perché la somma pagata in interessi è bassa: il mix offerto dalla dilazione della restituzione e dal rimborso della Bce garantisce ad Atene un percorso meno impervio rispetto a quello di altri Paesi europei.