Roma, 27 lug. (LaPresse) – Sono quasi tre milioni i lavoratori in nero presenti in Italia. Con le loro prestazioni ‘producono’ 102,5 miliardi di Pil irregolare all’anno (pari al 6,5% del Pil nazionale), sottraendo alle casse dello Stato 43,7 miliardi di euro di gettito. I numeri, riferiti al 2011 (ultimo anno disponibile), sono stati elaborati dalla Cgia di Mestre che ha misurato il peso economico del lavoro sommerso presente in Italia. A livello territoriale la Regione più coinvolta da questo fenomeno è la Calabria: l’incidenza del valore aggiunto da lavoro irregolare su quello regolare è pari al 18,6%. In generale è tutto il Sud a soffrire la presenza dell’economia sommersa: quasi la metà (19,2 miliardi su 43,7) del gettito potenzialmente evaso è in capo alle regioni del Sud.
Dopo la maglia nera della Calabria si colloca quella della Basilicata che con appena 45.600 unità di lavoro irregolari produce un Pil in nero che pesa su quello ufficiale per il 14,7%: le tasse che mediamente vengono a mancare in Basilicata per ciascun residente sono pari a 1.174 euro all’anno. Al terzo posto di questa particolare graduatoria c’è il Molise: con 27mila irregolari e un peso dell’economia sommersa su quella ufficiale pari al 14,6%, le imposte non versate per residente sono pari a 1.282 euro all’anno.
“Con la crisi economica – commenta il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – l’economia sommersa ha subito una forte impennata. In questi ultimi anni chi ha perso il lavoro non ha avuto alternative: per mandare avanti la famiglia ha dovuto ricorrere a piccoli lavoretti per portare a casa qualcosa. Una situazione che ha coinvolto molti lavoratori del Sud espulsi dai luoghi di lavoro”.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata