Milano, 30 mag. (LaPresse) – Alla fine è arrivato il sospirato via libera all’aumento di capitale da 400 milioni di Rcs. L’assemblea-maratona degli azionisti lunga 10 ore, ha approvato poco prima delle 20 l’ultimo punto all’ordine del giorno, ma il più importante, con una larga maggioranza, visto che contro ha votato solo Diego Della Valle, mentre si sono astenuti i Benetton e i Merloni. Via libera da parte di tutti gli altri soci. Ora 150 milioni di questi 400 saranno destinati al pool di banche che ha garantito il rifinanziamento dei 600 milioni di debito del gruppo. L’altra parte sarà utilizzata per coprire altri oneri del gruppo, e far scendere l’esposizione debitoria dagli 860 milioni del 30 aprile. Poi toccherà al piano di Pietro Scott Jovane far cassa. Anche se Diego Della Valle, attraverso i numeri forniti dai suoi delegati in assemblea, è molto critico sul raggiungimento dei target fissati di qui al 2015.

Dopo settimane di indiscrezioni quindi il blocco degli azionisti che già controllava il 58% di Rcs tira dritto, si ricompatta e forse si allargherà, dandosi una nuova composizione. Decisivo il sì all’aumento di capitale di Giuseppe Rotelli che ha oltre il 16%, a lungo in dubbio, e poi secondo molte indiscrezioni mai smentite, convinto da Intesa Sanpaolo nello scorso fine settimana. Diego Della Valle alla fine si è ritrovato da solo, ora bisogna vedere se sottoscriverà la sua quota, altrimenti corre il rischio di veder diluito il suo 8,7%. Di certo esce rafforzato da tutta questa operazione il blocco John Elkann-Intesa Sanpaolo. Il primo potrebbe diventare il primo azionista singolo, mentre Ca’ de Sass pur non essendo azionista, detiene il 38,3% del capitale che le banche rifinanzieranno. Sommando questa posizione, alle parole del presidente del consiglio di Gestione, Giovanni Bazoli, e del consigliere delegato Enrico Cucchiani, pronti ad uscire da Rcs, non è impossibile immaginare il futuro primo azionista ancora più forte in un domani non troppo remoto.

Il vero scoglio è far tornare alla redditività il gruppo. Il primo trimestre 2013 non è andato bene sul fronte pubblicità, e nemmeno si azzardano previsioni su come si chiuderà il secondo. C’è poi il problema dei 10 periodici che il gruppo intende chiudere, con annessi i 110 giornalisti che potrebbero perdere il posto. Serve una svolta digitale, e lì andrà il 72% degli investimenti di qui al 2015, pari a 170 milioni. Non è invece prevista la cessione della concessionaria di pubblicità del gruppo, idem sugli investimenti in Spagna, che anzi saranno rafforzati. E proprio all’estero si guarderà per trovare un nuovo partner, un editore vero e proprio che sfrutti tutte le sinergie possibili tra cartaceo e digitale, sinergie che in Germania e in Francia hanno consentito ai grandi editori di non trovarsi così vicini a quel baratro, lungo cui ha camminato negli ultimi mesi Rcs.

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