La scrittrice delle storie del gatto che non sa saltare deceduto il 22 marzo: "Mi ha regalato felicità ogni giorno"

Nell’ultimo libro in cui era protagonista, lungo la strada verso Plutone, Milo aveva fatto tappa sul pianeta Totoro, sede del Paradiso degli animali, dove ritrovava la sua mamma gatta, morta quando lui aveva pochi giorni. Ora Milo, il gatto tutto nero che camminava a zig zag e non sapeva saltare, può riabbracciare la sua mamma naturale dopo aver salutato con l’ultimo ‘miao’ la sua mamma umana. A darne l’annuncio è stata proprio Costanza Rizzacasa d’Orsogna, che di Milo è stata compagna di viaggio per 10 anni, 9 mesi e 3 settimane dei suoi quasi 11 anni di vita che avrebbe compiuto il primo maggio. “Milo è morto venerdì 22 marzo alle 8 del mattino, tra le mie braccia, a casa, sulla nostra sedia preferita. Dopo l’ho tenuto tutto il giorno abbracciato, sul divano, sotto la nostra coperta. Ora mi manca tantissimo il suo corpicino”, confessa a LaPresse la scrittrice, giornalista e saggista, dal cui racconto si sente tutto il suo profondo dolore per la perdita del suo amatissimo gattino, o meglio “mio figlio“.

Un’intervista atipica, fatta al quinto giorno di lutto, in pieno flusso di emozioni, senza filtri. Seppur intimo, il lutto di Rizzacasa d’Orsogna diventa un saluto collettivo come le migliaia di messaggi che le sono arrivati di richiesta di condivisione e di sostegno: “Mi hanno commossa, mi hanno scritto in tante lingue e in molti mi hanno detto ‘appoggiati a noi'”, confessa. “Tanta gente che ha capito che ero una persona sola, eravamo io e lui. Mi hanno confortata molto. Ho fatto questa cosa, ho fatto un’elaborazione del lutto. Ho raccontato anche la mia incapacità di fare i conti con questa cosa, ho anche pensato che me ne sarei potuta andare con Milo, del resto ho sempre sperato che saremmo invecchiati insieme”.

Di Milo ne parla ancora al presente: “Non sa saltare, deve essere sempre preso in braccio“. E da questi apparenti limiti è nato il Milo esempio dell’inclusività che attraverso la sua trilogia ‘Storia di Milo, il gatto che non sapeva saltare’, i successivi libri e la fortunata rubrica sul Corriere della Sera ‘Io e Milo’, era diventato materia di didattica nelle scuole e amato soprattutto dai più piccoli. “Dopo alcune ore in cui ero rimasta abbracciata al suo corpicino, mi è venuta a trovare la mia cara amica Carla Rocchi, presidente dell’Enpa (Ente nazionale protezione animali, ndr), e lei ha pensato di istituire un ‘Premio Milo’, che verrà assegnato a un gattino diversamente abile. Vedremo in che modalità e in una data significativa per Milo”.

Un lutto ancora da elaborare, che Rizzacasa d’Orsogna condivide anche e sopratutto sul suo profilo X: “Oggi in questa società ipercapitalistica puntata sulla iperproduzione, trovo che ci sia per tutto quello che riguarda l’aspetto emotivo delle persone, uno stigma grandissimo. La gente ti dice ‘Ma che pensi ancora al gatto? Hai un problema’. Mi sono anche arrivati messaggi che mi dicevano che avevo un problema e di farmi vedere, l’emotività non fa parte di questa società”, denuncia la scrittrice che raccomanda: “Non bisogna mai avere paura di esternare il proprio dolore, di esternare le proprie emozioni. Io ho elaborato il mio in maniera personalissima”.

Milo aveva cominciato a stare male in autunno, poco dopo l’uscita dell’ultimo libro della trilogia, ‘Storia di Milo, il Gatto che salvò Plutone’ (ed. Guanda): “Vomitava sempre ma dopo tutti i controlli avevamo trovato solo cose risolvibili. Poi il 25 gennaio di quest’anno mio padre ha avuto un gravissimo incidente, è stato tra la vita e la morte. Milo è stato il mio conforto per tutto quel periodo, smettendo anche di vomitare: aveva capito la criticità, ‘non devo aggiungere preoccupazioni, non devo gravare sulla mamma’, quindi su di me. Veramente incredibile, la grandissima sensibilità degli animali. Dopo poco più di un mese però Milo ha ricominciato a vomitare e l’ultimo giorno era arrivato a trascinarsi per terra. Quella sera, però, prima di morire, il mio piccolino ha mangiato e bevuto, ho pensato che mi voleva dare questa rassicurazione: ‘Vedi mamma, sto facendo tutto da solo, andrà tutto bene’. Ma non è andato tutto bene, è spirato tra le mie braccia poco dopo”.

Ora devo scrivere la sua memoria. Milo mi ha salvata più volte, mi ha avvicinata di più al dolore degli altri, mi ha resa più empatica. Ma anche sul fronte della diversità e dell’inclusione. Quella sua determinazione, nonostante la sua sindrome (ipoplasia cerebellare, ndr), ha trionfato e ha vinto. Continuerò a diffondere le storie di Milo nel mondo. Dopo la Germania, l’Austria e la Svizzera a maggio, spero che la prossima uscita di Milo sia il Giappone, perché lì i gatti neri portano fortuna e quello è un paese amico. La trilogia di Milo si è conclusa con il terzo capitolo, però allo stesso tempo sto già pensando di scrivere qualcosa su Milo da un altro punto di vista. Lo dico in inglese, io sono ‘Miloless’, senza Milo. Un pamphlet, qualcosa sul dolore e sulla perdita di Milo, si chiamerà così”, immagina Rizzacasa d’Orsogna.

C’è una frase dello scrittore inglese C.S. Lewis tratta da ‘A Grief Observed’, una raccolta di pensieri che l’autore annotò in morte della moglie, che Rizzacasa d’Orsogna tiene a citare: “Il dolore che provo è parte della felicità che ho avuto“. Parafrasando Lewis, la scrittrice conclude: “Il dolore che provo è parte della felicità che Milo mi ha regalato ogni giorno della sua vita”.

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