Roma, 1 set. (LaPresse) – La delegazione di Amnesty International presente in Libia ha scoperto che le forze pro-Gheddafi hanno fatto morire 19 detenuti, lasciandoli chiusi a soffocare in due container di metallo, sotto il sole rovente di giugno. L’episodio, raccontato da tre sopravvissuti incontrati dalla delegazione di Amnesty International, risale al 6 giugno. Uomini fedeli a Gheddafi hanno torturato e poi chiuso 29 persone in due container ad al-Khums, 120 chilometri a est di Tripoli. Secondo quanto hanno raccontato i tre testimoni, Mohammed Ahmed Ali, Faraj Omar al-Ganin e Abdel Rahman Moftar Ali, i prigionieri hanno rapidamente esaurito le scarse scorte di acqua e, sotto un sole di 40 gradi, hanno bevuto il loro sudore e la loro urina. Fuori dai container, le guardie che li avevano arrestati, indifferenti alle richieste di aiuto, urlavano: “Topi, state zitti”. Per Amnesty International, si è trattato di un crimine di guerra. La delegazione dell’organizzazione per i diritti umani si è recata ad al-Khums e ha esaminato i due container: erano privi di finestre e l’unica fonte di aria era costituita da decine di fori di proiettile lungo le pareti di metallo.Nel container più grande sono morte nove persone e altrettante nel più piccolo, che misurava due metri per sei. Un sopravvissuto è deceduto successivamente per insufficienza renale. Non è chiaro cosa sia stato fatto dei corpi dei prigionieri morti. Le guardie fedeli a Gheddafi hanno aperto i due container nel tardo pomeriggio del 6 giugno, trasferendo i sopravvissuti in centri di detenzione della capitale. Sono stati liberati il 21 agosto, quando al-Khums è caduta nelle mani del Consiglio nazionale di transizione. Fino ad allora era risultata irraggiungibile da osservatori indipendenti.

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