I dati dello scalo preoccupano. I genovesi sono corsi ai ripari e sopportano ingorghi apocalittici. Ma commissario e scelte per la ricostruzione non arrivano. Toti: "Non tollereremo altri ritardi"

Da qualche giorno Genova ha ripreso una vita teoricamente normale. Scuole e uffici sono aperti ma c'è gente a Ponente e in Valpolcevera (ma anche in Centrio e a Levante) che deve svegliarsi alle 5 del mattino per andare a lavorare alle 8 magari a pochi chilometri in linea d'aria. Il "buco" surreale del Ponte Morandi pesa sui cuori della gente ma anche sulle attività di tutti i giorni. Tutto, senza il Ponte è diventato più difficile. Riaverlo (in qualunque forma lo si voglia ricostruire) è essenziale per la vita e l'economia della città.

Lo dicono i numeri dei traffici portuali. Sul sito dell'Autorità di "Sistema portuale del Mar Ligure Occidentale Porto di Genova" i dati di agosto e settembre non sono ancora disponibili. Quelli di luglio (sui primi sette mesi dell'anno) parlavano di un più 3,1 per cento. Non male dopo la forte crescita del 2017 (55 milioni di tonnellate di merci e 2,6 milioni di teus per i container con una più 10 per cento circa tra merci varie e container). Ma i primi numeri (non ufficiali) di agosto, descrivono già uno scenario molto diverso: Il presidente dell'Autorità portuale, Paolo Emilio Signorini, ha fatto sapere che i container fanno già segnare un calo del 15/20 per cento e che le tasse portuali sono in picchiata del 35%. A questo proposito, va ricordato che il porto di Genova dà allo Stato un gettito fiscale superiore ai 6 miliardi all'anno soltanto in termini di Iva. La Compagnia Unica Merci Varie, principale fornitore di mano d'opera ai terminalisti fa sapere che mancano già 4/5mila giornate di lavoro in poco più di un mese dal crollo del ponte.

I numeri, nella loro freddezza, dicono che il porto non è al disastro, ma indicano una tendenza pericolosissima. Il calo delle tasse, ad esempio (maggiore rispetto agli altri dati) vuol dire che le navi arrivano ma portano meno merci di prima. Genova e il suo porto sono corsi subito ai ripari. Dal giorno del crollo, lo scalo lavora anche di notte in modo che una parte dei circa settemila Tir che ogni giorno entrano e escono dalle banchine non pesino nelle ore di punta sul traffico cittadino. E da pochi giorni è stata inaugurata e funziona la "Strada del Papa", un nastro di 6,5km che parte dalla "rotonda" appena fuori l'aeroporto di Sestri, entra nello stabilimento dell'Ilva, percorre tutta l'acciaieria e sbuca in porto a Calata Derna. È la strada che venne utilizzata nel 1996 per motivi di sicurezza in occasione di una visita di Papa Wojtyla. Finora ci era passata solo la Papamobile, adesso, ogni giorno, la percorrono migliaia di Tir. Purtroppo, siccome le sfortune non vengono mai da sole, la strada ha già dei limiti. Proprio il giorno prima dell'inaugurazione, è venuto fuori che il ponte di via Pionieri e Aviatori d'Italia che collega il casello autostradale alla zona dell'aeroporto e, quindi, all'imbocco della "Strada del Papa", non regge il traffico di mezzi superiori alle 7,5 tonnellate. In pratica, una parte del traffico pesante da e per il porto non può utilizzare la "Strada del Papa" e si riversa irrimediabilmente nel caotico traffico cittadino. Così, ogni giorno, si formano code pazzesche tra gente che va al lavoro e enormi autotreni con i container sui pianali.

Un altro ponte pericolante, dunque rischia di fregare ancora Genova. Questa volta, per fortuna, il Comune è intervenuto rapidamente. Il sindaco Marco Bucci, con l'avallo di tutte le altre autorità ha deciso di chiudere momentaneamente il ponte di via Pionieri e Aviatori d'Italia e di avviare una rapidissima manutenzione. Ci vorrà un mese per riaverlo. Il Comune ha fatto sapere che, anche se non è chiaro se il ponte sia di proprietà municipale o dell'aeroporto Cristoforo Colombo, intanto si accollerà la spesa.

E' quindi appena normale che Genova attenda con ansia il decreto che la riguarda oggetto di scontri interni ed esterni al governo. Nemmeno il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (primo capo dello Stato in visita al Salone Nautico) il 24 settembre mattina ha potuto portare la buona novella. Il decreto, allo stato, risulta disperso nel buco nero dei difficili rapporti tra Lega e M5S ed è soltanto una delle beghe sul tavolo del governo.  

Anche per questo, il governatore della Liguria Giovanni Toti fa sapere che la Regione non "tollererà ritardi" sulla ricostruzione del Ponte Morandi: "Chi sarà il commissario straordinario? Vedremo quando sarà pubblicato questo decreto che si annuncia da molti giorni e di cui non c'è traccia. Aspettiamo un decreto, dunque, che era partito molto male, senza di noi. Poi abbiamo lavorato anche insieme a Conte per una serie di misure per la ricostruzione con soggetti interessati, soggetti che avevano il dovere di farlo. Poi il governo ha preso un'altra strada. Noi ribadiamo che in 12, massimo 15 mesi, il ponte si può ricostruire. Non tollereremo altri ritardi". Gli fa eco il segretario del Pd Maurizio Martina con un tweet: "Del Decreto per #Genova ancora nessuna traccia. E sono già passati 40 giorni. Una follia gestire l'emergenza in questo modo. Così la città viene lasciata sola". 

Una delle questioni è quella esplosa fin dal primo giorno. Quando Luigi Di Maio partì lancia in resta contro la società Autostrade per l'Italia che, ovviamente, è nel mirino della magistratura dal punto di vista delle responsabilità penali e civili del crollo. Ma il governo ha deciso subito per avviare la procedura che dovrebbe portare alla revoca della concessione. Ma la questione è molto meno semplice di quanto sembri. Autostrade per l'Italia è ancora concessionaria e, allo stato, ha il diritto/dovere di ricostruire. Bisognerà vedere se le verrà tolta la concessione per il tratto genovese (plausibile dopo quello che è successo) o per tutta la rete di tremila chilometri che, a oggi, gestisce. E si dovrà capire chi, in assenza di Autostrade per l'Italia, costruirà la Gronda che, comunque, resta un "must" per l'area genovese ma che costa circa 5/6 miliardi. Autostrade l'aveva tra i suoi programmi d'investimenti finanziati dai pedaggi. Chiunque subentri, dove troverà i soldi? Oppure prevarrà la tesi di una parte del M5S secondo la quale la Gronda proprio non va fatta?

E poi c'è la questione dell'appalto per la ricostruzione: si può affidare (a Fincantieri o a chi per essa) senza una gara Europea? E, infine: ci sono solo le responsabilità di Autostrade che ha mancato ai suoi doveri di manutenzione e/o anche quelli del Ministero che non ha vigilato? E in questo guazzabuglio di accusati e accusatori la ricostruzione rischia di tardare ancora.

Toti la spiega così, con un paragone ardito ma, purtroppo calzante:  "Se Autostrade non ha fatto investimenti deve pagare, come anche il ministero delle Infrastrutture se non ha controllato ha pari responsabilità. Senza banalizzare, però se io faccio un incidente stradale, con la mia automobile che è distrutta, prima bisogna pagare perché io faccia riparare la mia auto, con cui vado a lavorare e porto i figli a scuola, poi si cambia codice della strada, poi si verifica la responsabilità di chi mi ha investito ma, per prima cosa, devo avere la mia auto riparata", Purtroppo, nel panorama martoriato della Valpocevera, l'assurdo e tragico "buco" del Ponte Morandi rischia di restare lì per chissà quanto tempo: "Belin – pensano con tristezza i genovesi che ogni giorno se lo vedono davanti – così dimenticare la nostra sfortuna e far riposare in pace i nostri morti, diventa quasi impossibile".

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