La Procura di Milano ha presentato oggi appello al Tribunale del riesame sul caso dell’ex Pirellino che vede indagati per induzione indebita Manfredi Catella, Stefano Boeri, l’ex assessore Giancarlo Tancredi, l’ex presidente della commissione paesaggio, Giuseppe Marinoni, e il sindaco Giuseppe Sala, nell’ambito della maxi inchiesta sull’urbanistica a Milano.
La Procura ha impugnato l’ordinanza del gip Mattia Fiorentini, che ha disposto gli arresti di architetti e imprenditori per corruzione e falso, solo nella parte in cui non ha riconosciuto i “gravi indizi” sul reato di induzione indebita perché pur esistendo il “pressing” da parte di Sala-Tancredi su Marinoni, dopo le minacce di “rottura” di Catella-Boeri, all’ex presidente della commissione non sarebbe stata prospettata alcuna “utilità” o vantaggio “personale” dal modificare il parere sul Pirellino in favorevole condizionato (22 giugno 2023).
Non sono d’accordo la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano e la pm Marina Petruzzella, firmatarie del provvedimento secondo cui “l’acquiescenza del Marinoni alle richieste indebite dell’Assessore” era un “suo interesse per perpetuare la posizione di potere che aveva all’interno della commissione per il paesaggio”. Circostanza che “trova conferma nel fatto che alla scadenza del suo mandato” la “sua fedeltà alla superiore linea politica ha fatto si che venisse nuovamente confermato, con provvedimento del Sindaco e su proposta dell’assessore, pur essendo Marinoni già stato raggiunto il 7 di novembre 2024 da un provvedimento di sequestro del telefono in quanto indagato per questa indagine, circostanza conosciuta all’Amministrazione Comunale”.
Lo striscione di protesta sul Pirellino nelle scorse settimane
Gli oneri per i cantieri sui Navigli
Il Comune di Milano ha chiesto oltre 2 milioni di euro di oneri di urbanizzazione aggiuntivi per il cantiere del progetto immobiliare ‘Alzaya’ di via Watt 15. E’ quanto emerge dalle delibera votata dalla giunta guidata dal sindaco Giuseppe Sala e pubblicata giovedì sull’albo pretorio con cui Palazzo Marino ha deciso di costituirsi davanti al Tar Lombardia nel ricorso intentato dai proprietari dell’area, la società Savillis Investment Management sgr, per chiedere l’annullamento del provvedimento con cui, dopo le inchieste della Procura sull’urbanistica, è stato chiesto un “conguaglio” di 2.037.868,24 euro per il “contributo di costruzione” e la “monetizzazione dello standard”.
‘Alzaya’ è un progetto residenziale firmato dallo Studio Asti Architetti, a processo per abusi edilizi nell’indagine sulle Park Tower di Bluestone, che prevede 104 nuove unità abitative nel distretto San Cristoforo e “a un passo dal Naviglio”, si legge sul sito dell’intervento immobiliare. Il ricorso è già stato incardinato al Tar con oggetto “Scia alternativa al permesso di costruire – monetizzazione standard”, due delle principali contestazioni dei pubblici ministeri che da 3 anni indagano sull’edilizia milanese per abusi edilizi, falso e corruzione.
I costruttori chiedono l’annullamento della determina dirigenziale e della delibera di fine 2024 con cui il Comune di Milano ha aumentato i valori delle “monetizzazioni” degli standard (i servizi pubblici): si tratta della modalità che permette a immobiliaristi e proprietari di aree di non cedere gratuitamente al Comune i lotti su cui realizzare servizi di interesse generale ma di ‘monetizzarli’, pagando una cifra al metro quadrato a seconda delle zone. Fino agli aumenti – anche triplicati o quadruplicati degli scorsi mesi con l’obiettivo di attribuire un valore “coerente con l’andamento del mercato immobiliare” – nei provvedimenti giudiziari di pm e gip di Milano le monetizzazioni sono state definite come un “vile prezzo” pagato dalla comunità o un vantaggio concesso a “operazioni speculative a favore del privato”.
Si tratta del secondo caso – che emerge pubblicamente – di una richiesta di “conguaglio” oneri da parte del Comune: a fine maggio sono stati chiesti 1,3 milioni di euro aggiuntivi a Bluestone proprio per le torri di via Crescenzago 105, ora a processo.
Legale Scandurra: “Non c’è alcuna prova di accordi corruttivi”
“Noi abbiamo dimostrato in modo documentale che non c’è nessun fatto di corruzione e tutti i contratti, tra la società Scandurra Studio e i singoli costruttori, rispondevano a reali attività che sono state fatte e non sono mai state copertura di dazioni”. Lo ha spiegato l’avvocato Giacomo Lunghini, legale di di Alessandro Scandurra, l’architetto finito agli arresti domiciliari nell’inchiesta sull’urbanistica. “Non c’è mai, in nessun atto del procedimento, la prova di un accordo corruttivo, rispetto all’omessa astensione è pacifico che, fino al giugno del 2023, il comune istruiva i membri della commissione al doversi astenere solo rispetto a propri progetti. Cosa che Scandurra ha sempre fatto: si è sempre astenuto sui propri progetti e non su quelli degli altri”, ha concluso Lunghini.