Il Ministero della Cultura annuncia verifiche ma la vicenda ha scatenato polemiche politiche e rimpallo di accuse tra maggioranza e opposizione
Francis Kaufmann, alias Rexal Ford, l’uomo arrestato in Grecia in relazione al duplice omicidio della donna e della bambina ritrovate senza vita a Villa Pamphili a Roma, è risultato essere beneficiario di un tax credit cinematografico da 863.595,90 euro, erogato nel 2020 per un film mai realizzato dal titolo “Stelle della notte”. A rivelarlo è la testata online Open, secondo cui Kaufmann avrebbe ottenuto i fondi presentandosi come produttore della pellicola, mai giunta alla fase di produzione.
Il progetto presentato da una società fittizia maltese
Il progetto fu presentato al Ministero della Cultura attraverso la Tintagel Films Llc, società fittizia maltese riconducibile a Kaufmann, supportata da un co-produttore italiano, la Coevolutions srl, nella persona di Marco Perotti. Secondo Open, la documentazione risultava formalmente in regola e il beneficio fiscale fu concesso dalla Direzione generale Cinema e Audiovisivo con decreto del 27 novembre 2020, sotto il governo Conte bis e con Dario Franceschini ministro.
Verifiche del Ministero sul denaro dato a Rexal Ford
Il Ministero della Cultura ha annunciato verifiche sull’iter che ha portato alla concessione del contributo. In caso emergano irregolarità, si prevede la revoca dei fondi e la segnalazione alla Guardia di finanza. Nicola Borrelli, ancora oggi alla guida della Direzione Cinema, ha dichiarato a LaPresse che “il credito d’imposta è automatico se i presupposti normativi sono rispettati”, sottolineando che “le carte erano tutte in regola” e che vi fu una visione preliminare del girato, oltre alla presenza delle denunce UniLav per la troupe italiana. Tuttavia, Borrelli ha anche precisato che “sono stati avviati ulteriori controlli” e che, se si accerteranno violazioni, si procederà con la revoca del beneficio, la segnalazione alla Procura e l’inibizione per cinque anni del produttore italiano da ogni incentivo pubblico.
Polemiche politiche e rimpallo di accuse
La vicenda ha scatenato un acceso dibattito politico. Il deputato dem Matteo Orfini ha accusato il ministero di “incapacità di vigilanza», mentre Rita Dalla Chiesa (Forza Italia) ha annunciato un’interrogazione urgente: “È sconvolgente che nessuno abbia controllato”. Paolo Marcheschi (FdI) parla di “sistema amicale e iniquo” ereditato dalla sinistra, mentre Gimmi Cangiano accusa la precedente gestione di aver trasformato il comparto in una «mangiatoia per chi lucra ai danni dello Stato”. Dal M5S, Gaetano Amato ha contestato le dichiarazioni del ministro Giuli, accusandolo di intervenire “solo sugli articoli che gli fanno comodo”, e ha chiesto risposte anche sulla questione della presunta corruzione legata al ministero. I deputati PD della commissione Cultura, in una nota congiunta, denunciano un “goffo scaricabarile” del governo Meloni, sottolineando che il via libera finale al tax credit sarebbe avvenuto nel 2023.
Gli interrogativi irrisolti
Il deputato FdI Alessandro Amorese ha infine rilanciato la necessità di una riforma: “Non possiamo permettere che il tax credit diventi un reddito di sistema per privilegiati”. Secondo quanto emerso, il tax credit fu effettivamente incassato tramite cessione del credito a un istituto bancario, sfruttando una norma allora vigente che non imponeva l’obbligo di depositare materiale girato per le produzioni internazionali. La polemica resta aperta, con interrogativi irrisolti sulla trasparenza dei fondi pubblici e sulla tenuta del sistema di controlli ministeriali.
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