Delitto di Garlasco, i dubbi di Nordio sul processo a Stasi

Delitto di Garlasco, i dubbi di Nordio sul processo a Stasi
Alberto Stasi, con l’avvvocato Giada Bocellari, all’uscita del tribunale di Pavia dopo gli interrogatori per la riapertura del caso Garlasco – Pavia, 20 Maggio 2025 (Foto Claudio Furlan/Lapresse) Interrogatories for the reopening of the Garlasco case at The Court of Pavia – Pavia, May 20, 2025 (Photo Claudio Furlan/Lapresse)

Il ministro della Giustizia: “Comunque vada finirà male”. Pm indaga su 4 capelli di Chiara Poggi nel lavabo

Sul delitto di Garlasco “Comunque vada, finirà male”. Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha sintetizzato, in un’intervista al Corriere della Sera, il dramma giudiziario sul delitto di Garlasco, per cui è stato condannato Alberto Stasi e ora è indagato Andrea Sempio. Una riflessione che prescinde dal merito, ma che tocca i principi della giustizia penale: “O il detenuto è innocente e ha sofferto ingiustamente, o è colpevole e ora un altro soggetto, senza colpa, deve affrontare una prova durissima”. Nordio mette in discussione il sistema processuale d’appello, sostenendo che nuove prove dovrebbero condurre a un nuovo giudizio, non essere inserite in un fascicolo già consolidato. Due le ragioni: l’obbligo del contraddittorio e il diritto a un doppio grado di merito.

Nordio su condanna Stasi: “Irragionevole dopo due assoluzioni senza nuove prove”

“Dopo un proscioglimento è irragionevole una condanna. Soprattutto se le assoluzioni sono due. Come puoi condannare ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’, se due giudici hanno già dubitato?”, spiega il ministro della Giustizia. Qualora invece vengano trovati nuovi indizi “in generale se vengono acquisite nuove prove a carico dell’imputato, prima che la sentenza passi in giudicato, si deve rifare il processo ex novo. Non inserirle nel fascicolo già formato, come avviene in appello”. Questo – dichiara ancora Nordio – “per due ragioni”. “La prima è che non puoi metter il vino nuovo nella botte vecchia. Se ci sono nuove prove contro, bisogna riesaminarle in contradditorio con la difesa, accanto a quelle a favore. Insomma bisogna ritornare daccapo”. La seconda “è anche più importante. Con il sistema attuale sottrai all’imputato il diritto a un doppio giudizio di merito. Se il tribunale assolve e la corte condanna, puoi solo ricorrere per Cassazione per motivi di legittimità. E il secondo giudizio di merito, colpevolezza o meno, va a farsi benedire”.

Perché la Cassazione chiese un nuovo processo per Stasi?

La vicenda di Alberto Stasi, assolto in primo e secondo grado, è stata riaperta dalla Cassazione nel 2013 che ha ritenuto “incongrua” la teoria alternativa del ladro, fondata su elementi considerati “astrusi”, come l’ipotesi che Chiara Poggi potesse aver aperto la porta per far uscire il gatto, permettendo l’ingresso dell’assassino. Secondo la Suprema Corte, le precedenti assoluzioni ignoravano elementi concreti: dalla mancanza di violenza sessuale alla modalità del delitto, fino alla conoscenza dettagliata dell’abitazione da parte dell’assassino. Questo, secondo i giudici, configurava un “approccio metodologicamente scorretto”, frammentario e privo di una visione d’insieme.

Delitto di Garlasco, la sparizione dei reperti

A rendere ancora più complessa la vicenda è la sparizione di molti dei reperti. Sentenze del 2021 e 2022 hanno stabilito la distruzione o vendita di molti oggetti sequestrati, inclusi alcuni di potenziale rilevanza scientifica futura. Non risultano presenti elenchi di reperti come la “traccia 33”, legata a una possibile impronta palmare attribuita oggi ad Andrea Sempio. La difesa di Stasi aveva chiesto invano la conservazione di materiale che poteva essere oggetto di ulteriori accertamenti tecnico-scientifici.

Polemiche sulla spettacolarizzazione dell’inchiesta

Sul fronte dell’informazione, infine, non mancano le polemiche. L’ex procuratore di Milano, Edmondo Bruti Liberati, ha criticato su La Stampa l’esposizione mediatica dell’inchiesta e le “esternazioni studiate per indebolire il CSM”. L’Unione Camere Penali Italiane è intervenuta ricordando i doveri deontologici degli avvocati: parlare ai media sì, ma solo per l’esclusivo interesse della difesa e nel rispetto di riservatezza, equilibrio e decoro. Nessuna autopromozione, nessuna fuga di notizie coperte da segreto, e massima correttezza tecnica e formale.

Pm indaga su 4 capelli di Chiara Poggi nel lavabo

La Procura di Pavia indaga su “4 capelli neri lunghi” trovati nel lavabo della casa di Chiara Poggi per riscrivere la storia del delitto di Garlasco. Secondo i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano dimostrerebbero che il “lavandino non è mai stato lavato dalla presenza di sangue“, circostanza che smonterebbe una delle prove più ‘pesanti’ a carico di Alberto Stasi: il lavaggio del lavabo da parte dell’assassino, riconosciuto dalle sentenze definitive, in corrispondenza di un’impronta di scarpa insanguinata sul tappetino del bagno e le ‘innaturali’ impronte digitali degli anulari di Stasi lasciate sul dispenser del sapone durante il risciacquo.

Per gli investigatori “i capelli”, trovati senza bulbo e quindi inutili per accertamenti genetici, fotografati durante il sopralluogo nella villetta di via Pascoli con lo scatto catalogato con la sigla ‘DSC03064’, “sarebbero stati portati via dall’acqua” in caso di risciacquo, si legge negli atti. Un elemento già emerso in passato e bocciato dai magistrati che si sono occupati dell’inchiesta su Garlasco e quelle successive su Andrea Sempio, parlando di “affermazione priva di fondamento logico”. Perché è “processualmente accertato”, dalla fotografia di una mano insanguinata sul pigiama della 26enne uccisa e la ricostruzione dei passi del killer nella casa operata dalle perizie, “che l’assassino aveva le mani imbrattate di sangue e che si è recato in bagno per lavarsi”.

La persistenza di 4 capelli sul fondo sarebbe stata compatibile con un risciacquo durante fasi concitate perché “il sangue, liquido e solubile in acqua, viene lavato molto più facilmente dei capelli che, stante la loro forma e lunghezza, rimangono più facilmente sul fondo della vasca anche dopo il lavaggio”. Infine perché quei capelli, per forma e lunghezza, sarebbero “di Chiara Poggi” e sono stati “recisi a causa dei colpi inferti e rimasti sulle mani insanguinate dell’assassino” come dimostrerebbe la memoria depositata dall’ex comandante del Ris, Gianpietro Lago, nel processo d’appello bis all’udienza del 6 ottobre 2014. Secondo l’allora tenente colonnello la vittima “è stata colpita al cranio con un oggetto contundente, dotato di un bordo tagliente che ha reciso numerosi capelli”. Sarebbe questo il motivo dell’assenza di bulbo che li ha resi inutili per accertamenti genetici. “La loro presenza attesta semmai” che il killer si è “effettivamente lavato le mani”.

 

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