“Chiediamo che la giustizia sia resa alla nostra famiglia, giustizia per i nostri figli e fratelli, ma anche per i figli e i fratelli di tutti, perché non succeda più. Allo Stato italiano chiediamo sincerità e trasparenza e alla giustizia chiediamo che siano ascoltate tutte le testimonianze, così che ci si renda conto di come ci hanno mentito e di come hanno trattano le persone che mettono in questi centri di detenzione”. Sono le parole di Thierno Balde e di Djenabou Balde, ovvero il fratello e la madre di Moussa Balde, il 23enne guineiano che nel maggio 2021 si tolse la vita all’interno del Cpr di Torino. A Torino si è aperto il processo per accertare la verità sulle dinamiche che portano Moussa a compiere il gesto estremo. Secondo l’avvocato dei familiari, Gianluca Vitale, si tratta di “omicidio colposo, perchè non è stato fatto nulla per impedire che potesse succedere, non è stata riconosciuta la condizione di vittima. Uno dei nostri obiettivi quindi, è che venga accertata la responsabilità penale della dirigente del CRP e del direttore sanitario, perché entrambi avevano una posizione di garanzia e dovevano impedire che nella struttura succedesse quello che è successo a Moussa”.

L’avvocato Vitale sottolinea però come “questo è anche un processo al CPR e quindi alla Prefettura e alla Questura di Torino, organi che devono controllare ciò che avviene in queste strutture”. La Rete torinese No Cpr ha promosso un incontro con i familiari di Moussa e l’avvocato Vitale, in modo che si ripercorresse la storia di Moussa, dal viaggio in Algeria per raggiungere il fratello maggiore, fino alla decisione di andare in Europa e poi all’arrivo a Imperia in un centro di accoglienza. All’incontro ha partecipato anche la sorella di un altro migrante suicida in un Cpr di Roma, Ousmane Sylla. “Aveva un suo progetto, non aveva fatto niente di male e noi chiediamo giustizia e verità per chi lascia il proprio Paese non per fare del male, ma con delle speranze”, afferma la sorella di Ousmane, Mariama. Finisce così il suo pensiero: “Malgrado le morti e le ingiustizie, i Cpr continuano ad esistere e noi continueremo a lottare, per tutti i migranti alle frontiere e per quelli nei Cpr”.

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