La giornalista italiana è stata liberata dopo il suo arresto a Teheran il 19 dicembre

È stata liberata dopo tre settimane la giornalista italiana Cecilia Sala, arrestata a Teheran lo scorso 19 dicembre. Ecco tutte le tappe della sua vicenda. 

L’arresto e la detenzione

La notizia del suo arresto si è diffusa solo dopo Natale. La Farnesina ha atteso prima di divulgare la notizia perché, nel frattempo, erano già stati attivati i canali diplomatici con il governo iraniano. L’accusa mossa nei confronti della giornalista, 29 anni, era di “violazione delle leggi della Repubblica islamica”. Sala, giornalista di Chora Media e de Il Foglio, era a Teheran dal 13 dicembre, con un visto regolare. Il suo rientro in Italia era in programma per il 20 dicembre, ma è stata fermata il giorno prima: il suo telefono è rimasto muto da quel momento. Sala è stata rinchiusa nel carcere di Evin, nella capitale, lo stesso in cui fu detenuta la travel blogger Alessia Piperno.

Il ruolo della famiglia

Agli inizi dell’anno, Cecilia Sala era riuscita a sentire al telefono i genitori Elisabetta Vernoni e Renato Sala. “Dormo per terra, in cella, mi hanno tolto gli occhiali”, aveva detto alla mamma. A Palazzo Chigi, il 2 gennaio, la premier Giorgia Meloni aveva convocato un vertice con il ministro degli Esteri Antonio Tajani, della Giustizia Carlo Nordio, il sottosegretario con delega ai Servizi Alfredo Mantovano e i capi dell’intelligence. Al termine del vertice, Meloni ha incontrato Elisabetta Vernoni, madre di Sala. “La fiducia è tanta, sicuramente stanno lavorando“, ha raccontato la donna uscendo da Palazzo Chigi. Il giorno successivo, il 3 gennaio, i genitori hanno chiesto il silenzio stampa sulla vicenda: “La situazione di nostra figlia, chiusa in una prigione di Teheran da 16 giorni, è complicata e molto preoccupante“. Una situazione “delicata” per la quale – hanno fatto sapere – “abbiamo deciso di astenerci da commenti e dichiarazioni e ci appelliamo agli organi di informazione chiedendo il silenzio stampa”.

Il collegamento con il caso Abedini

L’arresto di Cecilia Sala è avvenuto pochi giorni dopo quello in Italia di Mohammad Abedini Najafabadi, l’ingegnere meccanico iraniano arrestato lo scorso 16 dicembre a Malpensa su richiesta di Washington con le accuse di cospirazione, associazione a delinquere e violazione delle leggi sul commercio di materiale dual-use civile e militare con l’Iran e detenuto nel carcere di Opera. Il Governo iraniano ha negato che tra i due episodi vi fosse un legame, ma la coincidenza ha sollevato l’ipotesi che l’arresto di Sala potesse essere utilizzato come ‘leva diplomatica’ per la liberazione di Abedini. Per lui, la Procura generale di Milano ha espresso parere negativo per gli arresti domiciliari. In ambienti giudiziari in particolare si attende la decisione del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che ha la possibilità di esercitare i poteri previsti dall’articolo 718 del codice di procedura penale in base al quale può chiedere la “revoca” della custodia in carcere che è “sempre disposta” se “il Ministro della Giustizia ne fa richiesta”.

L’accelerazione delle trattative e la liberazione

Nella notte tra il 7 e l’8 gennaio l’accelerazione delle trattative, il rilascio, la liberazione e il rientro in Italia di Cecilia Sala.

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