L'accusa è di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti all'interno del carcere romano
Quarantuno persone indagate, tra cui agenti della penitenziaria, un medico ed alcuni parenti di detenuti, rischiano il processo dopo la chiusura delle indagini di un’inchiesta della direzione distrettuale antimafia della procura di Roma accusati di reati associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga. Le indagini sono state condotte dagli investigatori della polizia Penitenziaria e da quelli del commissariato di polizia di Stato i Tivoli. Secondo gli inquirenti, un agente della penitenziaria in servizio nel penitenziario romano di Rebibbia, avrebbe fatto entrare nel carcere, dietro il pagamento di 300 euro, alcune dosi di sostanza stupefacente. Inoltre, dagli atti d’indagine, è emerso che alcuni detenuti avevo a disposizione telefoni cellulari, in miniatura, con i quali parlavano con l’esterno. Contestata dai pm della Dda anche l’introduzione nel carcere, dietro il pagamento di 30 euro, di una pizza e di una birra per un detenuto. Tra gli indagati, che rischiano il rinvio a giudizio anche uno dei medici della struttura che, secondo quanto sarebbe emerso dalle indagini, avrebbe omesso di denunciare un detenuto che utilizzava un cellulare.
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