La 38enne imputata di omicidio presenta sintomi di "alessitimia". La prossima udienza il 12 aprile, possibile il verdetto già in quella data
Continua il processo in Corte d’Assise a Milano nei confronti di Alessia Pifferi, la donna di 38 anni imputata per l’omicidio volontario pluriaggravato della figlia di 18 mesi Diana, abbandonata nella sua casa milanese il 14 luglio 2022 e trovata morta di stenti e disidratazione sei giorni dopo. Davanti ai giudici la testimonianza dello psichiatra forense Elvezio Pirfo, perito della corte, che ha risposto alle domande di pm e legali in merito alla capacità di intendere e di volere della donna. Ha detto che Alessia Pifferi “sapeva entrare ed uscire dai rapporti” e in lei “ci sono tratti di dipendenza e inadeguatezza ma anche una grande capacità di resilienza, ci sono passaggi della vita in cui mostra una grande capacità di non mollare mai rispetto agli eventi avversi della sua vita”. Rispondendo alle domande dell’avvocata Alessia Pontenani, che rappresenta l’imputata, ha precisato: “Credo di aver detto che a mio avviso emergono due aspetti clinici su cui mettere l’attenzione – ha ricordato il professore torinese -: la dipendenza e la l’alessitimia (mancanza di empatia ndr)“. Sono “indiscutibili – ha concluso – ma che questo automaticamente configuri un disturbo che altera la capacità della persona di funzionare non è corretto“.
“Vive come dietro a un vetro che blocca emozioni”
Nel meglio descrivere quanto scritto nella perizia, lo psichiatra ha aggiunto che Alessia Pifferi ha un funzionamento psicologico caratterizzato da “alessitimia” che è un “sintomo, non una malattia” ed è “come se ci facesse vivere dietro a un vetro che impedisce il passaggio di emozioni. Guardiamo ma siamo schermati”. L’assenza di empatia “non configura di per sé una malattia” ha ribadito Pirfo che assieme alla collega Chiara Bele ha condotto la perizia su Pifferi dal 6 dicembre 2023 per 90 giorni. Assieme al “tratto della dipendenza”, questa caratteristica va utilizzata “come elementi che hanno influito sul comportamento di Pifferi nella vicenda e devono essere tenuti presenti nella catena umana che si crea nelle decisioni per comprendere il soggetto”.
Perito difesa: “Da sempre ha menomazione psichica”
Dopo l’esame di Pirfo, è intervenuto il perito nominato dalla difesa di Pifferi, il dottor Marco Garbarini, secondo il quale la donna ha una “menomazione del funzionamento che da sempre ha evidenziato nella sua vita” e risponde ai test a cui è stata sottoposta come un “disco rotto”. Se “le sue risposte fossero simulate sarebbero quelle di una persona che ha un dottorato in neuroscienze”. Per il consulente della difesa alcuni dei test effettuati su Pifferi sarebbero come “gettare in aria una moneta e vedere se esce testa o croce, con le stesse probabilità” e inoltre “identificano in due terzi dei casi pazienti con oggettiva e genuina condizione clinica come simulatori o persone che enfatizzano i sintomi”. Secondo Garbarini “la personalità e la funzionalità di Pifferi per come descritte da me e dal perito non sono così dissimili”, ma “la differenza, grande in ambito psichiatrico-forense, è che io la inserisco, sulla base di dati, in un disturbo dello sviluppo intellettivo e quindi in una patologia psichiatrica che spiega com’è e ‘giustifica’ quelli che sono stati i suoi comportamenti”, mentre “il perito non la attribuisce invece a un disturbo psichiatrico“.
Si torna in aula il 12 aprile
In aula si torna il 12 aprile per le conclusioni delle parti. Pubblico ministero e difese, inclusa la famiglia Pifferi (madre e sorella) rappresentata dall’avvocato Emanuele De Mitri, esporranno le loro richiesta ai giudici popolari presieduti dal giudice Ilio Mannucci Pacini. Se si dovessero concludere requisitoria e arringa entro le 14.30 i giudici potrebbero riunirsi direttamente in camera di consiglio per il verdetto. Pifferi, imputata di omicidio volontario pluriaggravato, rischia l’ergastolo.
Sorella Alessia: “In questo processo non si parla più di Diana”
“Ho ascoltato il dottor Pirfo e nella sua deposizione ho rivisto la Alessia che ho sempre conosciuto, non vedo le altre giustificazioni. In questo processo non si parla più di Diana, mia sorella ha scelto di lasciarla sola in casa per andare a divertirsi”. Queste le parole di Viviana Pifferi, sorella dell’imputata, dopo l’udienza. “Questa bambina – continua Viviana Pifferi – è morta di fame e sete in sei giorni, in giornate caldissime in cui lei è tornata a due passi da casa e non è andata da sua figlia: queste sono decisioni, e l’ha fatto perché aveva paura di mettere a repentaglio la storia con Angelo D’Ambrosio“.
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