Se ne occuperò lo psichiatra Elvezio Pirfo a partire dal 27 novembre
Lo psichiatra Elvezio Pirfo di Torino avrà 90 giorni a partire dal prossimo 27 di novembre per effettuare la perizia psichiatrica su Alessia Pifferi. Lo ha stabilito questa mattina la Corte d’Assise di Milano presieduta dal giudice Ilio Mannucci Pacini nel processo alla donna accusata di omicidio volontario pluriaggravato della figlia Diana. Al perito 70enne, con una lunga esperienza come consulente per vari tribunali, è stato chiesto di fornire risposte entro il 26 febbraio sulla capacità “di partecipare al processo” di Pifferi, di “intendere e di volere al momento del fatto”, se esista una “eventuale infermità” che “accertata abbia inciso sulla rappresentazione della realtà” e infine sulla “persistenza di rischio psicopatologico” da valutare per la “pericolosità sociale” della 37enne.
Al dottor Pirfo viene chiesto di spiegare la “genesi e la dinamica” dell’abbandono della figlia per una settimana facendola morire di stenti e associarle a “eventuali infermità accertate”. Nel quesito della Corte e integrato dai pubblici ministeri Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro anche la richiesta di chiarire le “apparenti contraddizioni” fra una presunta “inconsapevolezza assoluta” della 37enne e il racconto di circostanze “false” come quella di aver lasciato la figlia con una “baby sitter” raccontata alla vicina di casa al momento del ritrovamento del cadavere della bambina il 20 luglio 2022 o che Diana fosse dalla “sorella” come riferito dall’ex compagno della donna. Il perito, che è stato autorizzato a entrare in carcere a San Vittore per visitare la donna, concorderà un’agenda con i consulenti della Procura di Milano e dei difensori (avvocato Alessia Pontenani per Pifferi) e delle parti civili (avvocato Emanuele De Mitri per madre e sorella dell’imputata). La perizia verrà discussa alla prossima udienza del 4 marzo.
Pm: “Alessia manipolata da psicologhe in carcere”
Alessia Pifferi è stata aiutata dalle psicologhe del carcere San Vittore di Milano a fornire una “versione differente rispetto a quella che spontaneamente aveva fornito sin dall’inizio” e il suo non sarebbe stato “un percorso di assistenza alla detenuta” ma “di rivisitazione dei fatti contestati in un’ottica difensiva” che ha portato a “una ricostruzione alternativa” grazie a una serie di “colloqui” avvenuti “con ritmo frenetico” prima delle udienze del processo. Lo ha detto davanti alla Corte d’Assise di Milano il pubblico ministero, Francesco De Tommasi, nel processo a carico della 37enne accusata di omicidio volontario pluriaggravato per la morte della figlia Diana di 18 mesi, abbandonata in casa per passare una settimana con il proprio compagno il 14 luglio 2022 e trovata morta di stenti il 20 luglio. Il pm, che rappresenta l’accusa con la collega Rosaria Stagnaro, nell’udienza di lunedì mattina in cui la Corte ha conferito l’incarico di svolgere una perizia psichiatrica su Pifferi al dottor Elvezio Pirfo di Torino, è tornato ad accusare la struttura sanitaria del carcere. In dettaglio, il pm ha sostenuto che “gli accertamenti fatti” (su cui si è basata in parte la consulenza di ‘vizio parziale di mente’ della difesa) sono “inverosimili, inattendibili, inutilizzabili e privi di qualunque fondamento e dignità scientifica”. Inoltre, le due psicologhe che l’hanno seguita vengono indicate come responsabili di aver “suggerito” all’imputata una “versione”, tanto da chiedere di non sentirle in aula se non “in un’altra veste processuale” e con “le garanzie di legge”.
Sotto accusa diversi colloqui, a cominciare da quello del 12 settembre 2023: è la settimana prima che Alessia Pifferi debba rispondere in aula il 19 settembre e la donna “dice di aver paura di non riuscire a rispondere alle domande del pm e del giudice”. “Emerge come non abbia mai elaborato la perdita dei nonni e del padre – legge il pm in aula le relazioni delle psicologhe – e che l’uomo con il quale ha trascorso i giorni fatali rappresentava per lei il ‘padre che la difendeva’ tanto da non ‘percepire il rischio connesso a lasciare la bambina da sola’”. Nel colloquio del 2 novembre 2022 si legge che le azioni di Pifferi che hanno provocato la morte della figlia “potrebbero essere la conseguenza del desiderio di costruirsi una vita famigliare stabile” e che non era “lucida e consapevole della gravità delle proprie azioni” o di “incapacità di vedere la figlia come altro da sè”. La donna sarebbe “assolutamente credibile quando dice che amava la figlia e che non avrebbe voluto farle del male – annota le psicologhe – e ha un atteggiamento passivo nei confronti degli eventi”
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