Una scelta che ha sorpreso per la rapidità, ma non per il nome su cui è ricaduta
“Una Chiesa che parla a tutti e che vuole raggiungere il cuore di tutti” parlando “con la lingua dell’amore”. Con queste parole il cardinale Matteo Maria Zuppi si è presentato alla stampa in veste di nuovo presidente della Cei: lo ha nominato in tempo record Papa Francesco appena un’ora dopo che i vescovi, riuniti per la loro 76ma Assemblea Generale, gli avevano presentato la terna di nomi tra cui scegliere il successore del cardinale Gualtiero Bassetti. A dare la notizia, lo stesso arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, leggendo della comunicazione del Santo Padre.
Una scelta che ha sorpreso per la rapidità, ma non per il nome su cui è ricaduta: Zuppi è, infatti, considerato tra i più vicini alla sensibilità di Papa Francesco, che il nuovo presidente dei vescovi ha ringraziato per la fiducia riposta. Da lui Bergoglio, che lo ha nominato cardinale nel 2019, si attende “un gran cambiamento”. Lo avevo anticipato ancor prima della scelta di oggi quando, qualche settimana fa, il Pontefice aveva spiegato che per il successore di Bassetti cercava appunto “uno che voglia fare un bel cambiamento. Preferisco che sia un cardinale, che sia autorevole. E che abbia la possibilità di scegliere il segretario, che possa dire: voglio lavorare con questa persona”.
E di lavoro da fare ce n’è. A partire dalla questione degli abusi sui minori da parte di persone appartenenti alla Chiesa. Un fenomeno sul quale, nell’ultimo consiglio permanente del marzo scorso, i vescovi hanno assicurato l’intenzione di “rendere più efficaci le misure di protezione e prevenzione”. Un ruolo di responsabilità che “fa misurare anche la propria piccolezza, la propria inadeguatezza”, ammette il neo presidente della Conferenza episcopale che ricorda il momento storico che stiamo vivendo, con la pandemia di Covid prima e quella della guerra che, oltre a quella in Ucraina, “non deve farci dimenticare tutti gli altri ‘pezzi’ delle altre guerre”.
Zuppi, che ha subito chiamato i cardinali Ruini e Bagnasco per chiedere un’udienza e potersi confrontare con loro, “per la loro sapienza e la loro storia”, non ha mancato di ringraziare il suo predecessore, il cardinale Bassetti, che “con paternità e amicizia ha guidato la Chiesa italiana”.
Prete “di strada”, attivo nelle periferie umane e cittadine, Zuppi si è sempre distinto per le sua attività a sostegno degli ultimi e degli emarginati. Nel 1973, studente al liceo Virgilio, conobbe Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio diventandone volto noto e apprezzato. Iniziò così a frequentare la Comunità collaborando alle attività promosse: dalle scuole popolari per i bambini emarginati delle baraccopoli romane, alle iniziative per anziani soli e non autosufficienti, per gli immigrati e i senza fissa dimora, i malati terminali e i nomadi, i disabili e i tossicodipendenti, i carcerati e le vittime dei conflitti; da quelle ecumeniche per l’unità tra i cristiani a quelle per il dialogo interreligioso, concretizzatesi negli Incontri di Assisi. E proprio dalla Comunità di Sant’Egidio arriva l’augurio di “spendere le sue qualità umane e cristiane al servizio della Chiesa italiana con la passione e la sapienza di cui è capace”.
Tanti gli auguri di politici, di associazioni, ma anche della Comunità ebraica e dell’Unione buddisti.
“Il suo impegno pastorale, l’attenzione per gli ultimi” così come “il dialogo profondo con credenti e non credenti, lo spirito di collaborazione e il modo diretto e naturale con il quale entra in relazione con le persone” sono le “qualità preziose” ricordate da Matteo Lepore, sindaco di Bologna, la città di cui don Matteo – come ama farsi chiamare – è stato nominato arcivescovo nel 2015. Domani non sarà presente nel capoluogo emiliano per la benedizione in piazza della Madonna di San Luca alla quale, però, chiede di accompagnarlo “in questo cammino”.
Lo scorso gennaio celebrò il funerale dello scomparso presidente del Parlamento europeo David Sassoli, di cui era stato compagno di liceo a Roma, ricordando che “era un credente sereno, un uomo di parte, ma di tutti, perché la sua parte era quella della persona”.
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