Per il Friuli Venezia Giulia e il Veneto ferita ancora aperta
Una ferita ancora aperta, che rimarrà incastonata tra quelle valli per sempre, da raccontare alle nuove generazioni affinché ne comprendano cause e significati, per renderli testimoni di un pezzo di storia che ha segnato un territorio. Era la notte del 9 ottobre 1963, è diventata la notte del disastro del Vajont. Una catastrofe che, traendo origine a Erto e Casso (Pordenone), ha segnato il Friuli Venezia Giulia e il bellunese, in Veneto. Una frana di oltre 270 milioni di metri cubi, con un fronte superiore di due chilometri, una larghezza non inferiore ai 500 metri e un’altezza di circa 250, precipitò nella diga del Vajont – nell’omonima valle in cui confluivano le acque provenienti dai bacini e serbatoi situati nella valle del fiume Piave – con una velocità stimata intorno ai 100 chilometri orari. La forza della massa franata creò un’onda che non risparmiò nulla: 2mila vittime, interi paesi distrutti. A Longarone la tragedia più grave.
Duemila morti, migliaia di sfollati, la maggioranza venne sistemata nell’area di Maniago (Pordenone). Si doveva ricostruire, dare un domani a quelle genti, non fu operazione semplice. Nel 1966 venne posata la prima pietra del nuovo paese: fu scelto il nome Vajont. Gli abitanti di Erto e Casso però si opposero allo scioglimento del loro Comune, che venne approvato dal consiglio comunale cinquant’anni fa. Protestavano ritenendo che, mentre si costruiva Vajont, a Erto e Casso – dove un provvedimento nazionale aveva stabilito la pericolosità del territorio, costringendo chi ci viveva ad andarsene – non si stava facendo nulla. Il 23 aprile 1971 ebbero inizio i ‘moti’ di Erto e Casso: cinque giorni di lotta della popolazione, che occupò il municipio. Vinsero loro. Con la legge regionale 22 del giugno del 1971, il 10 luglio 1971 furono istituiti due Comuni: Erto e Casso e Vajont.

Le commemorazioni
In Fvg si è iniziato a commemorare il disastro nei giorni scorsi. Una tragedia causata non solo da scelte che non hanno tenuto conto dell’ambiente, ma anche della mancanza di ascolto della popolazione locale, un patrimonio di conoscenza e saggezza la cui voce è stata del tutto disattesa. Ha espresso questo concetto, a Vajont, il governatore del Fvg Massimiliano Fedriga. “Per chi c’era – ha detto il presidente del Veneto, Luca Zaia – si tratta di un dolore immenso e indelebile, ma è alle giovani generazioni che ora istituzioni e società civile devono rivolgersi perché, dalla storia del Vajont, fatta anche di errori, sottovalutazioni, scelte e comportamenti assai discutibili, traggano una lezione per il futuro”.
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