Le mani della mafia anche sui cimiteri. Lo scorso ottobre arrestato un dirigente comunale per corruzione

Riposare in pace nel cimitero dei Rotoli di Palermo è una chimera. Nemmeno da morti i palermitani possono “dire” di aver finalmente chiuso con truffe, malaffare, corruzione, inefficienze e incompetenze della macchina pubblica. Anche da morti o si paga e si imbroglia o non si ottiene il meritato riposo. Oggi nel più grande cimitero della città ci sono 870 bare accatastate sotto un tendone, abbandonate nei corridoi degli uffici del camposanto, lasciate a deperire nel deposito per gli attrezzi. Tutte senza una tomba dove essere seppellite. E se non si vuole finire in deposito per mesi, in qualche caso anche per oltre un anno, bisogna pagare cifre a quattro zeri. Bisogna farsi estorcere il denaro dai veri capi del cimitero sotto Monte Pellegrino, da chi gestisce le sepolture senza controllo e violando ogni norma.

Nell’ultima indagine dei carabinieri di Palermo, che ha portato all’arresto di un dirigente comunale lo scorso ottobre per corruzione, gli inquirenti hanno documentato l’attività del figlio del boss della famiglia mafiosa dell’Arenella all’interno del cimitero. Il giovane, ufficialmente fioraio e marmista all’esterno del camposanto, era il mediatore fra corrotto e corruttore, fra i familiari del defunto e il dirigente comunale che in cambio di denaro riusciva a trovare un posto per il caro estinto. Il figlio del boss garantiva alla famiglia la sepoltura solo dopo il pagamento di ingenti somme di denaro. Soldi che poi il giovane dava in piccola parte al dirigente comunale, agli addetti alle sepolture.

Estorsioni in piena regola subite da chi ha appena perso un familiare ed è disposto a tutto pur di dare degna sepoltura al proprio caro. Estorsioni che si fondano sulla situazione di emergenza, senza la quale non ci sarebbe business criminale. Se la gestione del cimitero fosse efficiente ci sarebbero tombe per tutti i defunti e dunque nessuno pagherebbe per saltare la fila. Invece come scrivono i magistrati nelle quattro indagini che hanno coinvolto il cimitero “c’è la volontà a mantenere la situazione di emergenza ai Rotoli”.

La montagna di bare ammassate una sull’altra dunque è destinata, almeno nell’immediato, ad aumentare visto che a gennaio erano seicento a fine aprile quasi novecento e nulla di concreto è stato fatto per smaltirle. Le previsioni che girano sottovoce in Comune parlano di mille bare accatastate entro giugno se non si troverà una soluzione definitiva. Soluzione che poteva essere il nuovo cimitero di Ciaculli, un progetto presentato da una cordata di imprenditori privati nel 2012 che ha ricevuto il no dal Comune nel 2019, sette anni dopo.

Una situazione talmente grave che in altre città avrebbe portato a proteste ad oltranza, ma che a Palermo dura da oltre dieci anni e che ha portato alla rassegnazione. Solo una manciata di famiglie ha protestato per il loro familiare dentro una bara accatastata sotto il sole dentro un tendone dove non si respira tanto è nauseabondo l’odore. Gli altri parenti degli 870 attendono in silenzio o si rassegnano a pagare alimentando il business illegale delle sepolture “veloci”. Un sistema scoperto dalla procura della repubblica di Palermo nell’ultima delle quattro indagini sul camposanto. I magistrati hanno accertato che per i familiari disposti a pagare i funzionari del camposanto, gli addetti alle estumulazioni e i dirigenti comunali, il posto si trova, basta togliere i resti dei precedenti occupanti, gettarli in “spazi” comuni per far posto ai nuovi arrivati.

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