Nei boschi di Poggio Catino, in provincia di Rieti

La Digos di Roma ha scoperto un deposito clandestino delle Brigate rosse nei boschi di Poggio Catino, in provincia di Rieti. I resti della lotta armata che ha insanguinato l'Italia erano nascosti nel sottoterra della Sabina, in alto Lazio: documenti e volantini, alcuni deteriorati dal tempo e dall'umidità, altri ancora leggibili; ma anche munizioni, proiettili e timbri. Il materiale è stato affidato alla Scientifica per risalire all'epoca dell'interramento e ai brigatisti che riempirono il vecchio covo. La polizia li ha trovati dopo aver ricevuto una segnalazione. La ricerca è durata senza sosta per quarantotto ore. In campo il metal detector, un braccio meccanico dei vigili del fuoco per scavare, i cani delle unità cinofile ma soprattutto il fiuto degli investigatori che, ancora una volta, non ha fallito. Sotto una lastra di ferro arrugginita sono riemersi i frammenti di storia del terrorismo italiano, tra la selva di querce e i sentieri percorsi da amanti del trekking, cacciatori e cercatori di funghi.

Due i pozzetti rivestiti di eternit a venti metri l'uno dall'altro. Dentro, documenti cartacei firmati con il simbolo della stella brigatista a cinque punte chiusa nel cerchio e schede informative su politici in carica quarant'anni fa, come quella 'dedicata' al leader democristiano Antonio Bisaglia. Stando a quanto si apprende, tra le carte ritrovate anche un foglio del comitato rivoluzionario toscano datato 2 giugno '77, quando le Br spararono alle gambe di Indro Montanelli. In un altro schema, intitolato 'attuale organigramma del potere', viene citato il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, all'epoca responsabile della sicurezza nelle carceri, ed esponenti della magistratura. Una scoperta eclatante, a riprova della dedizione della Digos nel far luce sui residuati degli anni di piombo.

 

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