Il papà dell'ex premier si è sfogato in una lunga intervista a poche ore dalla sua archiviazione
"Mi chiamo Tiziano Renzi, ho 67 anni e una meravigliosa famiglia con 10 splendidi nipotini. Oggi dico basta. Vado in pensione, lascio ogni incarico, metto in vendita la mia società. Mi arrendo". Inizia così il messaggio del padre di Matteo Renzi, scritto in una pagina comprata su Quotidiano Nazionale, in cui annuncia la decisione di abbandonare l'attività imprenditoriale, a poche ore dalla archiviazione del processo Consip.
"Lo dico oggi proprio quando la procura di Roma chiede l'archiviazione sulla vicenda Consip – aggiunge -. Può sembrare strano che decida di arrendermi proprio oggi ma c'è un perché". "Dal 2014 – sottolinea – la mia vita è cambiata", in coincidenza con l'arrivo alla Presidenza del Consiglio del figlio Matteo. Fino a quattro anni non ho avuto nessun problema con lo Stato". "Ho conosciuto il dolore di chi viene accusato, sa di essere innocente, eppure è su tutte le prime pagine. Mi sono sentito stritolato dagli sguardi, dai commenti, dall'odio. È un'esperienza che non riesco a spiegare ma che non auguro a nessuno di vivere", scrive. "Ho sempre viaggiato molto ma confesso che avevo paura di fermarmi persino gli Autogrill perché mi sentivo addosso lo sguardo polemico di persone che mi giudicavano colpevole senza aver letto una carta, senza sapere nulla. È iniziata un'odissea di avvisi di garanzia, indagini, inchieste. La mia vita è stata passata da mesi ai raggi-x, con il controllo di qualsiasi documento".
"Ho sempre ribadito la mia totale fiducia nella magistratura italiana – sottolinea -, l'indipendenza dei giudici mi rassicura mi conforta perché la verità prima o poi emerge". Quanto alla decisione di mollare, spiega, "i tempi del business sono diversi dai tempi della giustizia e io non posso più continuare a lavorare". Perché nonostante "sto collezionando archiviazioni delle indagini contro di me e condanne in sede civile per chi mi ha diffamato, l'azienda ha perso clienti molto importanti che se ne sono andati dopo le anticipazioni dei giornali: non hanno aspettato l'archiviazione, loro". Insomma, "per colpa mia i clienti se ne vanno. Per garantire il posto di lavoro ai collaboratori, tuttavia, ho deciso di farmi da parte e ho dato incarico a un team di professionisti di vendere la società da qui alla fine dell'anno. Il business è solido e un nuovo proprietario potrà garantire l'occupazione". Ora "me ne vado a testa alta – conclude -. Hanno condannato chi mi ha diffamato, non me. Ma devo andarmene per rispetto a chi lavora con me".
Tiziano Renzi era indagato per traffico di influenze nell'ambito dell'inchiesta Consip. Sette persone invece rischiano di finire a processo: tra loro ci sono l'ex ministro del governo Renzi, Luca Lotti, e il presidente di Pubbliacqua Firenze, Filippo Vannoni, indagati per favoreggiamento, l'ex comandante generale dei Carabinieri Tullio Del Sette (rivelazione del segreto d'ufficio e favoreggiamento) e il generale dell'Arma, Emanuele Saltalamacchia (favoreggiamento). Coinvolti anche l'ex carabiniere del Noe, Gian Paolo Scafarto accusato di rivelazione del segreto, falso e depistaggio, l'ex colonnello del Noe Alessandro Sessa (depistaggio) e l'imprenditore Carlo Russo, indagato per millantato credito.
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