Lo Stato aveva tempo fino al 3 aprile per accogliere l'appello dell'associazione Luca Coscioni. Mina Welby: "Passo indietro"

Il governo italiano ha deciso di costituire l'avvocatura dello Stato in difesa della costituzionalità del reato di 'aiuto al suicidio', nell'ambito procedimento sollevato dalla Corte d'Assise di Milano davanti alla Corte Costituzionale per il processo a carico di Marco Cappato. Lo rende noto l'associazione Luca Coscioni. Il governo aveva tempo fino a oggi per prendere una decisione sulla possibilità di difendere il divieto del codice penale che norma il reato di cui è imputato Cappato per l'aiuto fornito a Fabiano Antoniani, in arte dj Fabo, per ottenere assistenza alla morte volontaria in Svizzera.

Secondo quanto si apprende da fonti del ministero della Giustizia, l'intervento dell'esecutivo non è contro Marco Cappato, ma riguarda la legittimità della norma sull'istigazione al suicidio. Secondo il ministero, è possibile un'interpretazione della norma che sia rispettosa dei principi costituzionali, che il tribunale di Milano ha ritenuto messi in discussione. La dichiarazione di incostituzionalità della norma potrebbe infatti lasciare impunite condotte che nulla hanno a che fare con la tematica del rispetto delle volontà dei malati terminali.

"La scelta del governo è, oltre che del tutto legittima, anche pienamente politica, visto che l'esecutivo avrebbe potuto altrettanto legittimamente agire in senso opposto e raccogliere l'appello lanciato da giuristi come Paolo Veronesi, Emilio Dolcini, Nerina Boschiero, Ernesto Bettinelli e sottoscritto da 15.000 cittadini, che chiedevano di non intervenire a difesa della costituzionalità di quel reato", commenta l'avvocato Filomena Gallo, coordinatore del collegio di difesa di Cappato. "Prendo anche atto della richiesta di costituzione in giudizio di una serie di organizzazioni e gruppi che sempre si sono distinti per aver avversato in ogni modo il riconoscimento del diritto alla libertà e responsabilità individuale fino alla fine della vita", prosegue il legale.

Il Centro studi Livatino ha annunciato di aver depositato un atto di intervento nel giudizio a firma del proprio presidente, Mauro Ronco. "Il nostro obiettivo non cambia – conclude Gallo – vogliamo far prevalere, contro la lettera del codice penale del 1930, i principi di libertà e autodeterminazione riconosciuti dalla Costituzione italiana e dalla Convezione europea dei diritti umani, nella convinzione che Fabiano Antoniani avesse diritto a ottenere in Italia il tipo di assistenza che, a proprio rischio e pericolo, ha dovuto andare a cercare all'estero".

"Provo rabbia per quello che è un ritorno indietro di 80 anni, ma io spero e penso che ci siano tra i giudici della Corte Costituzionale delle menti illuminate che sappiano giudicare, perché la libertà per ognuno di decidere fino alla fine della vita deve essere preservata", è il commento di Mina Welby. La co-presidente dell'Associazione Luca Coscioni ricorda che "Ci sono situazioni, come quella di Fabiano Antoniani, in cui non si ha scelta. Cappato lo ha aiutato, così come ho fatto io con altre persone, e lo rifarei. La scelta dell'esecutivo, dice, "ci fionda indietro di anni", ma in vista del procedimento di fronte alla Consulta, "cerco di essere fiduciosa", spiega, "anche perché i pubblici ministeri di Milano si sono espressi molto chiaramente a favore di Cappato".

Per il deputato della Lega Alessandro Pagano la decisione del governo è "legittima e sacrosanta" perché "l'aiuto al suicidio era reato nel 1930 e lo sarà anche nel 2030". Nicola Fratoianni di Liberi e Uguali al contrario bolla la scelta dell'esecutico come "un atto ipocrita, soprattutto alla luce dell'introduzione della legge sul fine vita" e che "ha tanto il sapore della battaglia sulla pelle di chi non c'è più". 

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