Le motivazioni: "Non immaginava che sarebbe morto"
Quando ha lanciato la katana verso il compagno, nel marzo dello scorso anno, Valentina Aguzzi "non immaginava che sarebbe morto" ma ha agito d'istinto, "accecata dalla rabbia e ha accettato le conseguenze di quel gesto, salvo poi pentirsene subito dopo".
La spada giapponese, dalla lama di 30 centimetri, ha reciso l'arteria femorale del 40enne Mauro Sorboli e l'uomo è morto dissanguato in pochi minuti. La Corte d'Assise ha condannato la 44enne, che lavorava nel settore discografico, a 12 anni di carcere per omicidio preterintenzionale. I giudici della Corte d'Assise di Milano, infatti, hanno accolto la richiesta del pm Sara Arduini, e hanno stabilito che non c'è stata volontà di uccidere.
Dopo l'ennesimo litigio perchè il frigo dell'appartamento dove si erano trasferiti da un anno era vuoto, la 44enne esasperata ha afferrato la spada giapponese che si trovava sopra un mobile vicin al letto, ha minacciato di uccidersi e poi ha rivolto l'arma contro il fidanzato e gliel'ha lanciata. La spada, affilatissima, si è conficcata nella cosca del 40enne, che alle spalle aveva una serie di precedenti per droga e che con la compagna aveva un rapporto molto turbolento. La lama si è conficcata nella gamba di Sorboli fino a 18 centimetri di profondità, provocandogli un'emorragia che lo ha portato alla morte in appena 15 minuti. Il pm Arduini aveva sollecitato una condanna a 14 anni di carcere, ritenendo plausibile la versione raccontata dalla donna. Quando si era resa conto che il compagno stava perdendo moltissimo sangue e che era in pericolo di vita, la Aguzzi ha chiamato i soccorsi. Purtroppo però ogni tentativo di salvarlo è stato inutile.
"Non immaginava che Sorboli sarebbe morto – ha sottolineato il pubblico ministero in aula – ma era accecata dalla rabbia e ha accettato le conseguenze di quel gesto, salvo pentirsene subito dopo". Una dinamica confermata anche dalla telefonata che la donna ha fatto al 118 subito dopo aver visto il compagno in un lago di sangue. "Era in stato di agitazione quando ha chiamato – detto in aula il pm Arduini – e era sincera quando ha detto di avere lanciato il coltello". In aula la donna ha raccontato ai giudici della Corte d'Assise di avere lanciato la katana come se avesse in mano "un righello o un qualsiasi altro oggetto" al culmine di tre giorni di eccessi e litigi. Quando aveva capito che il compagno era a rischio di vita, gli aveva avvolto "un asciugamano intorno alla gamba" e aveva chiamato il 118.
"Non credevo che sarebbe morto – ha spiegato ai giudici – pensavo che si potesse salvare". La Corte ha anche stabilito la sospensione della potestà genitoriale della donna, madre di due figli di 26 e 13 anni avuti da un precedente matrimonio. Una volta espiata la condanna, la 44enne dovrà anche scontare tre anni in libertà vigilata. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 60 giorni.
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