Otto anni dopo la morte del giovane si apre la strada al sesto processo che inizierà il 13 ottobre

Andranno a processo i cinque carabinieri accusati nell'ambito dell'inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi e tre di loro dovranno difendersi dall'accusa di omicidio preterintenzionale. Lo ha deciso la gup Cinzia Parasporo nell'udienza preliminare che si è tenuta a piazzale Clodio e nella quale è stata fissata al 13 ottobre la prima data del processo ai militari.

Sono cinque i carabinieri che andranno a processo: Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro, Francesco Tedesco, rispondono di omicidio preterintenzionale (mentre è prescritto l'abuso di autorità). Tedesco risponde anche di falso nella compilazione del verbale di arresto di Cucchi e calunnia insieme al maresciallo Roberto Mandolini, all'epoca dei fatti a capo della stazione Appia, dove venne eseguito l'arresto. Vincenzo Nicolardi, anche lui carabiniere, è accusato di calunnia con gli altri due, nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria che vennero accusati nel corso della prima inchiesta sul caso.

Nel procedimento si sono costituiti parte civile i familiari del giovane, il Comune di Roma, Cittadinanzattiva e gli agenti della penitenziaria accusati accusati nella prima inchiesta sulla morte del giovane.

Stefano Cucchi venne arrestato 15 ottobre del 2009 in via Lemonia, a Roma, a ridosso del parco degli Acquedotti, perché sorpreso con 28 grammi di hashish e qualche grammo di cocaina. Quella notte, i carabinieri lo accompagnarono a casa per perquisire la sua stanza. Non trovando altra droga lo riportarono in caserma con loro e lo rinchiusero in una cella di sicurezza della caserma Appio-Claudio.

La mattina successiva, nell'udienza del processo per direttissima, Stefano aveva difficoltà a camminare e parlare e mostrava evidenti ematomi agli occhi e al volto che non erano presenti la sera prima. Il giudice, nonostante le condizioni di salute del giovane, convalidò l'arresto, fissando una nuova udienza. Stefano Cucchi venne rinchiuso nel carcere di Regina Coeli, ma le sue condizioni di salute peggiorarono rapidamente e, il 17, venne trasportato all'ospedale Fatebenefratelli per essere visitato.

Chiaro il referto: lesioni ed ecchimosi alle gambe e al viso, frattura della mascella, emorragia alla vescica, lesioni al torace e due fratture alla colonna vertebrale. I medici chiesero il ricovero che Stefano rifiutò insistentemente, tanto da essere rimandato in carcere per poi essere ricoverato di nuovo, presso l'ospedale Sandro Pertini, dove morì il 22 ottobre. Solo a questo punto, dopo vani tentativi, i suoi familiari riuscirono a ottenere l'autorizzazione per vederlo: il corpo pesava meno di 40 chili e presentava evidenti segni di percosse.

Dopo oltre un anno di indagini, nel gennaio 2011, vennero rinviate a giudizio 12 persone: sei medici dell'ospedale Pertini, tre infermieri dello stesso ospedale, e tre guardie carcerarie. Nel giugno del 2013 la terza corte d'assise condannò cinque medici e assolse gli altri imputati. Nel 2014, nel processo d'appello, gli imputati vennero tutti assolti, e nel dicembre del 2015 la Cassazione decise per un nuovo processo d'appello ai cinque medici, che si concluse con una nuova assoluzione per il personale sanitario. Poi ancora un ricorso in Cassazione che, nell'aprile scorso, ha annullato l'assoluzione e rinviato a un nuovo processo d'appello sul quale però interverrà la prescrizione. La decisione presa oggi dal gup apre la strada al sesto processo sulla morte del giovane: il primo per omicidio preterintenzionale.

"Finalmente i responsabili della morte di mio fratello, le stesse persone che per otto anni si sono nascoste dietro le loro divise, andranno a processo e saranno chiamate a rispondere di quanto commesso". Così Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, lasciando il tribunale dopo la decisione del gup.

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