Avrebbe violato la legge 231 sulla responsabilità degli enti
I legali della Romeo Gestioni chiedono la ricusazione del giudice chiamato a decidere sull'interdizione dell'azienda dell'imprenditore finito in carcere nell'ambito dell'inchiesta Consip. Secondo il pm Mario Palazzi e il procuratore aggiunto Paolo Ielo, titolari dell'indagine su Alfredo Romeo, l'azienda avrebbe violato la legge 231 sulla responsabilità degli enti e andrebbe pertanto interdetta, per un periodo di tempo, dalla partecipazione a gare della pubblica amministrazione. Per i legali dell'azienda, Giuseppe Giacomini e Raffaele Ferola, il gip Gaspare Sturzo, chiamato a decidere sulla misura chiesta dalla procura, sarebbe in una condizione di incompatibilità per aver già deciso sull'arresto di Romeo, essendo sua la firma sull'ordinanza di custodia cautelare e avendo egli rigettato l'istanza di scarcerazione presentata dai difensori dell'imprenditore in sede di interrogatorio di garanzia. Sull'istanza di ricusazione dovrà pronunciarsi la Corte d'Appello, mentre l'udienza, sull'interdizioni della Romeo Gestioni, è stata aggiornata al 30 marzo.
Intanto entro lunedì il tribunale del riesame si pronuncerà sul nuovo ricorso presentato per la scarcerazione di Romeo, detenuto a Regina Coeli dal primo marzo. La richiesta, a proposito della quale la procura di Roma ha dato parere negativo, è stata accompagnata da una memoria di oltre cento pagine depositata ieri dai difensori di Romeo. Secondo la ricostruzione gli avvocati, le prove presentate dalla procura contro l'imprenditore non sarebbero utilizzabili, e la testimonianza del dirigente Consip Marco Gasparri, grande accusatore di Romeo, sarebbe poco credibile. Inoltre non vi sarebbero tracce del denaro consegnato da Romeo al dirigente Consip e i 'pizzini' attraverso i quali, secondo le accuse, l'imprenditore avrebbe dato indicazioni su alcune mazzette, non sarebbero stati scritti dall'imprenditore: su questo punto la consulenza grafologica della difesa di Romeo contraddice quella degli esperti della procura.
Secondo i difensori di Romeo, Marco Gasparri avrebbe 'offerto' un suo aiuto a pagamento all'imprenditore, per supportarlo nelle gare d'appalto, e, in un secondo momento, lo avrebbe denunciato forse nel timore di essere denunciato a sua volta.
Al contrario, per i pm, non solo Romeo avrebbe corrotto Gasparri con regolari pagamenti di denaro, ma avrebbe coniato per lui anche il termine di 'prototipatore', ovvero della persona in grado di mettere a punto 'prototipi' di offerta perfetti per appalti, che Gasparri conosceva meglio di chiunque altro perché contribuiva a redigerli.
Al centro dell'inchiesta Consip che ha portato all'arresto di Romeo, c'è una gara di 'facility management', ovvero servizi per la pubblica amministrazione, del valore di 2,7 miliardi (FM4) bandita nel 2014 e suddivisa in 18 lotti, alcuni dei quali puntava ad aggiudicarsi Romeo. L'imprenditore prese parte alla gara per il lotto da 143 milioni di euro per l'affidamento di servizi in una serie di palazzi istituzionali a Roma, che andavano dalla pulizia alla manutenzione degli uffici.
Per raggiungere il risultato, Romeo, secondo i pm, corrompeva Marco Gasparri (con 100mila euro in tre anni) affinché gli desse una serie di informazioni indispensabili per avere la meglio sugli altri partecipanti.
Un sistema quello di Romeo nel quale, secondo la ricostruzione di Gasparri ai pm, l'imprenditore riteneva indispensabile pagare, poiché, a suo dire, tutti lo facevano.
Nell'indagine risultano indagati per rivelazione di segreto d'ufficio il ministro dello Sport, Luca Lotti (all'epoca dei fatti sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri), il comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette e il generale di brigata dell'Arma Emanuele Saltalamacchia. Nel fascicolo rispondono di traffico di influenze Tiziano Renzi, il suo amico imprenditore Carlo Russo, e Italo Bocchino, ex parlamentare e consulente di Romeo.
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