Il 3 settembre 1982 il generale Dalla Chiesa veniva ucciso dalla mafia
"Vorrei stringere la mano a chi scrisse quella frase: 'Qui è morta la speranza dei palermitani onesti'. Oggi Palermo è stata nominata città dell'onestà anche per quella frase, lasciata in via Carini da qualcuno poco dopo la morte di mio padre". Rita Dalla Chiesa, figlia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso 34 anni fa dalla mafia insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all'agente di polizia Domenico Russo, racconta a LaPresse il suo legame con la Palermo dei cittadini onesti e il suo amore per una città che "ha sempre dimostrato affetto nei confronti della mia famiglia". Quest'anno Palermo ha ricordato l'omicidio con diverse cerimonie commemorative, tra cui la 'Festa dell'onestà', la Messa nella chiesa di San Giacomo dei Militari all'interno della caserma dedicata al generale e la posa in Cattedrale di una lapide dedicata al prefetto. "Palermo non ci ha mai lasciati soli – spiega commossa Rita Dalla Chiesa, che ha partecipato alle commemorazioni nel capoluogo siciliano -. Quello di mio padre non fu un delitto mafioso ma politico, sostenuto dal terreno mafioso. Palermo c'entra molto poco con quello che è successo. In questi due giorni la città ha rialzato la testa mostrando il suo vero volto, quello dell'onestà".
Francesco Bubbeo, economo della prefettura che il generale aveva allontanato da tempo, in un'intervista a Repubblica ha parlato per la prima volta della notte dell'omicidio. Da allora resta il mistero sulla scomparsa della chiave della cassaforte del prefetto, poi ricomparsa una settimana dopo. Il contenuto – dossier e documenti del generale – era quasi del tutto sparito. In casa di Dalla Chiesa entrarono due persone, presumibilmente un agente di polizia in divisa e Francesco Bubbeo. "La ditta funeraria – ha raccontato Bubbeo a Repubblica – non aveva lenzuola" e "il capo di gabinetto mi ha chiamato a casa per andare a prenderle". Secche le parole di Rita Dalla Chiesa: "Non ci ho mai creduto e non ci credo ora. C'erano altri motivi. Sono andati lì a cercare altro. Via Carini è una via stretta e non è possibile che nessuno abbia buttato le lenzuola per coprire la dignità della loro morte. Non riesco ad accettarlo e non riesco a capirlo".
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