Pollicardo e Calcagno sono convinti che i rapitori non appartenessero allo Stato islamico

Il rientro delle salme a Ciampino di Salvatore Failla e Fausto Piano potrebbe slittare. Lo riferiscono fonti di governo. Le salme dei due tecnici uccisi in Libia potrebbero tornare in Italia nella notte o anche domani. Si stanno infatti concludendo a Tripoli le procedure necessarie previste dalle normative locali.

"Stiamo lavorando incessantemente per riportare le salme dei nostri due connazionali rapiti e morti in Libia entro e non oltre domani". Questo l'annuncio fatto ieri dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, a margine dell'incontro con il ministro degli Esteri polacco, Witold Waszczykowski, alla Farnesina. Secondo quanto si apprende, inoltre, l'Italia ha fatto richiesta formale alle autorità libiche di non effettuare l'autopsia sui due corpi. Intanto sul rapimento continuano ad emergere informazioni grazie ai racconti di Filippo Calcagno e Gino Pollicardo, tornati in Italia dopo una prigionia durata otto mesi. 

I due tecnici della Bonatti sono convinti che chi li ha tenuti prigionieri non appartenesse all'Isis. Quando a fine novembre i quattro italiani sono stati spostati in un altro covo hanno supplicato i carcerieri, che sarebbero rimasti sempre gli stessi: "Non ci vendete all'Isis…" La risposta è stata: "No, non vi vendiamo". In casa con i rapitori, che gli ostaggi non hanno mai visto in faccia, c'erano anche una donna e un bambino, e nessuno aveva l'abitudine di pregare.

Non è escluso, inoltre, che i quattro tecnici rapiti in Libia nel luglio scorso siano stati 'venduti' a chi li ha rapiti. Secondo quanto si apprende, il giorno del rapimento infatti i quattro hanno viaggiato verso Mellitah via terra, cambiando l'abitudine di arrivare via mare. Proprio durante il percorso a bordo di un'auto guidata da un autista locale, hanno raccontato gli ex ostaggi sentiti ieri dagli inquirenti, i quattro italiani sono stati presi, insieme al guidatore libico che poi è misteriosamente scomparso. La circostanza fa pensare alla possibilità che i rapitori fossero stati informati del passaggio dei quattro lungo la strada che li doveva portare a Mellitah. Non si è trattato, come si dice in gergo investigativo, di un "rapimento stanziale", ma il sequestro è avvenuto a seguito di un cambio di abitudini e questo lascia aperta l'ipotesi di un "tradimento".

IL RISCATTO. "Non so se sia stato pagato un riscatto. Loro (i sequestratori, ndr) sono entrati dicendo che era tutto finito. Ci avevano dato delle tute di calcio e ci hanno detto che ci potevamo vestire", ha raccontato Calcagno ai microfoni di Rainews24. "Avevamo fiducia di tornare. Specialmente Salvatore" Failla, ha aggiunto, "diceva 'Dai, tranquilli che ce la facciamo'". "Pensavamo di essere in un incubo", ha spiegato ancora, poi ha raccontato il momento in cui lui e Gino Pollicardo sono riusciti a scappare: "Ho lavorato molto su quella porta – ha ricordato -. Con un chiodo si possono fare molte cose, non pensavo. Piano piano ho indebolito la porta, poi ho chiesto a Gino di provare ad aprirla perché mi facevano male le dita". Una volta fuori dal luogo del sequestro, "ci siamo camuffati. Cercavamo la polizia perché era l'unica che poteva darci aiuto e grazie a Dio l'abbiamo trovata".

Giacomo Stucchi, presidente del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) parlando con Affaritaliani del sequestro dei quattro italiani in Libia finito con la tragica morte di Salvatore Failla e Fausto Piano e con il ritorno a casa di Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, ha smentito il pagamento di un riscatto per gli ultimi due. "In questo momento, senza disporre  ancora di informazioni ufficiali puntuali, l'ipotesi più probabile – solo nei prossimi giorni però avremo la definizione del quadro, grazie anche alle indagini che sta facendo la Procura di Roma – é che i primi due ostaggi italiani che purtroppo sono morti fossero oggetto in quel momento di un trasferimento da una prigione ad un'altra e che su quel convoglio viaggiassero anche i capi sequestratori, ovvero la linea di comando dei rapitori. La notizia dell'uccisione dei probabili capi potrebbe quindi aver convinto gli altri carcerieri – é logico ipotizzare che alcuni fossero rimasti a controllare il primo covo – che ancora tenevano in ostaggio gli altri due italiani a darsela a gambe abbandonato Pollicardo e Calcagno, i quali, avendo capito che non c'era più nessuno a controllarli, hanno sfondato la porta e sono usciti dal covo, tornando liberi". "Ho sentito del pagamento di un riscatto – ha aggiunto – e ho sentito del pagamento di un riscatto in mani sbagliate. Dico solo che delle modalità di risoluzione di un sequestro come questo il Comitato che presiedo viene informato e può acquisire tutta la documentazione in merito. Per questo posso dire che non mi risulta che ci sia stata una scelta di questo tipo".

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