di Chiara Dalla Tomasina
Milano, 16 dic. (LaPresse) – Giornata di sciopero per i camici bianchi italiani, che chiedono il rilancio di una sanità pubblica “unitaria, equa, universalistica e sostenibie”, e un nuovo modello gestionale dei servizi sanitari che coinvolga i professionisti rispettandone l’autonomia e le competenze oltre ai valori etici e deontologici. Rinaldo Missaglia, segretario nazionale SIMPeF, il Sindacato medici e pediatri di famiglia, spiega le ragioni della protesta con un focus particolare sulla situazione della pediatria.
Quali sono le motivazioni dello sciopero di oggi?
“Noi abbiamo voluto dare un segnale di unità non solo della categoria dei pediatri, ma dell’intero comparto dei medici che si occupano del sistema sanitario nazionale sotto l’egida della Fnom, che aveva indetto gli Stati Generali della sanità qualche tempo fa a Roma. Noi abbiamo deciso di essere solidali con tutti i colleghi”.
E riguardo la pediatria in particolare?
“In particolare, per quanto riguarda la pediatria, noi abbiamo dei temi che vorremmo venissero alla luce e all’attenzione di chi governa dal punto di vista politico e amministrativo la sanità in Italia. In particolare l’assenza ormai troppo sentita di una contrattazione, sia a livello nazionale ma di conseguenza anche a livello decentrato, che possa continuare a mantenere quel buon trend che c’era un tempo, ovvero un aumento assoluto e continuo della professionalità dei pediatri, che si riversa in buone pratiche e buoni servizi rispetto all’utenza”.
La vostra, poi, è un’utenza molto particolare.
“Esatto, l’utenza dei pediatri – bisogna sempre ricordarlo – è determinata rispetto alla propria fragilità per definizione: i bambini, ma anche le rispettive famiglie, che sono un’aggregazione che ha bisogno di particolare attenzione e professionalità”.
Parliamo di questa professionalità, che è cresciuta negli anni.
“Quando siamo nati il pediatra era più un cosiddetto ‘consultoriale’, che di base pesava i bambini e poi delegava all’ospedale quello che erano gli eventi maggiori. Col tempo siamo arrivati a un pediatra che nel giro di un solo accesso rispetto all’esigenza dell’utenza tende a risolvere il problema, sia che si tratti di un problema legato alla prevenzione, ovvero consigli rispetto alla buona crescita di un bimbo, sia quelli legati a un’acuzie, quindi una malattia acuta imprevista, sia le cosiddette cronicità pediatriche, che potrebbero rilasciare un impatto nell’età adulta, ma anche rispetto a quella che è un’appropriatezza di tipo descrittivo, nel senso che il pediatra è già in grado di fare un primo screening su malattie di altre specialità. Proprio perché già specialista, demanda a un secondo livello solo casi già selezionati”.
Questo con molteplici vantaggi.
“Sì, con ottime ripercussioni non solo sul piano economico ma anche su quello delle liste di attesa e dell’accesso ai servizi che siamo in grado di garantire. Purtroppo, però, questa cosa è vera solo per una parte dei pediatri”.
Perché?
“Dal 2010 la contrattazione è ferma: il trend delle buone pratiche si è fermato solo a una parte contingentata dei pediatri. Noi vorremmo progredire su questa strada, migliorare addirittura quello che già le buone pratiche dei pediatri che hanno avuto accesso a queste professionalità stanno facendo e permettere a tutti i pediatri di fare questa cosa, soprattutto a quelli giovani che hanno cominciato la professione quando questo tipo di possibilità è stata ormai preclusa”.
Voi che cosa volete?
“Noi vorremmo essere propositivi, abbiamo lavorato anche con enti che si occupano di sanità dal punto di vista amministrativo e politico, abbiamo presentato un documento, che adesso è in rifacimento, rispetto a quelle che sono le esigenze mirate sul bambino, per capire quali sono i percorsi di un bambino in ogni momento della propria giornata rispetto a un problema di salute, dalla malattia acuta alla prevenzione. Noi siamo propositivi, ma non abbiamo accesso a questa situazione”.
Perché?
“Perché manca la contrattualistica. Non è una rivendicazione di tipo economico, anzi: gli aspetti economici delle nostre rivendicazioni si riferiscono esclusivamente al supporto di tipo professionale di comparti non medici”.
Per esempio?
“Per esempio un collaboratore di studio di tipo amministrativo o di tipo infermieristico è essenziale alla pediatria di oggi. Una nostra rivendicazione, infatti, è questa: dar lavoro ad altri che possano aiutare noi a fare bene il nostro lavoro e la nostra utenza”.
Cosa sperate di ottenere con le vostre proposte?
“Con le nostre proposte speriamo di creare un volano che possa avere una ripercussione non solo di tipo sanitario ma anche sociale: pensate alle eventuali assunzioni che si verrebbero a creare”.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata