di Denise Faticante
Città del Vaticano, 22 ott. (LaPresse) – “I tempi cambiano, noi dobbiamo tenere il passo”. Il senso finale del Sinodo è tutto racchiuso qui, in questa frase pronunciata da Papa Francesco stamattina durante l’omelia di Santa Marta. L’invito di Bergoglio è chiarissimo: “Dobbiamo cambiare saldi nella fede in Gesù Cristo, saldi nella verità del Vangelo, ma il nostro atteggiamento deve muoversi continuamente secondo i segni dei tempi. Siamo liberi. Siamo liberi per il dono della libertà che ci ha dato Gesù Cristo. Ma il nostro lavoro è guardare cosa succede dentro di noi, discernere i nostri sentimenti, i nostri pensieri; e cosa accade fuori di noi e discernere i segni dei tempi”. Francesco non nasconde che questo processo di cambiamento “non è una cosa facile”, anche perché “troppi sono i condizionamenti esterni che premono anche sui cristiani inducendo molti a un più comodo non fare”. Un riferimento chiaro anche alle “indebite pressioni mediatiche”, come le ha definite il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, delle ultime settimane: il coming out del prete polacco, la lettere dei 13 cardinali contro il Papa, infine la notizia (falsa) sulla malattia del Pontefice.
DOMANI LA CONCLUSIONE. Intanto l’Assise sulla famiglia iniziata il 5 ottobre si avvia alla conclusione. Una relazione finale – elaborata da una commissione ad hoc sulla base degli emendamenti (modi) proposti nel corso di tre settimane dai gruppi di lavoro divisi per lingua (circuli minores) al documento di lavoro (instrumentum laboris) – verrà votata domani pomeriggio. Dal briefing di oggi è arrivata comunque la conferma che rimane aperta la questione della comunione ai divorziati risposati. Riammettere o meno all’eucaristia le persone che si sono risposate civilmente dopo un primo matrimonio fallito è stata già al centro del sinodo straordinario dell’anno scorso.
“LA CHIESA IN USCITA”. Ma, come hanno dimostrato le relazioni dei gruppi linguistici (circuli minores), le soluzioni prospettate sono molto diversa l’una dall’altra, tra chi apre e chi chiude, tra chi propone una commissione che approfondisca la questione a chi chiede che decida il Papa a chi, infine, ha avocato la convocazione di un Concilio ad hoc. Alla fine sceglierà il Papa che comunque ha più volte annunciato che la ‘Chiesa in uscita’ è la chiave con la quale interpretare e accogliere i cambiamenti e i fenomeni del mondo.
“GESU’ NON DICE DI FARE COME GLI INTELLETTUALI”. Una Chiesa che guarda e si rivolge al popolo. Emblematico il richiamo fatto dal pontefice alla fine dell’omelia quando afferma. “Gesù non dice: guardate come fanno gli universitari, guardate come fanno i dottori, guardate come fanno gli intellettuali”. Gesù parla ai contadini che “nella loro semplicità” sanno “distinguere il grano dalla zizzania”. Una soluzione al problema dunque dovrà trovarla Bergoglio, al quale saranno rimesse le cose, come è logico e come ha chiarito egli stesso sabato sconrso nel poderoso intervento per i 50 anni dell’istituzione del Sinodo: prima parla il popolo, poi i vescovi, infine il Papa.
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