Dal nostro inviato Jan Pellissier
Marcheno (Brescia), 20 ott. (LaPresse) – In poche ore il mistero della sparizione di Mario Bozzoli sembra aver preso una direzione chiara. Si guarda a chi c’era dentro l’azienda l’8 ottobre, e soprattutto a chi conosceva bene tutti gli ambienti della fabbrica, una delle tante in Val Trompia. L’ha detto oggi il procuratore capo di Brescia, Tommaso Buonanno, e lo si apprende anche da altre fonti. Un corpo non può sparire nel nulla normalmente, ma in una fonderia sì. Capitò già nel dicembre 1992, e proprio a Brescia quando Walter Caminelli fu buttato dal fratello nel forno della loro azienda a Caiovinco. Ci vollero 17 anni per avere un colpevole
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Questa volta si punta molto sulla scienza forense per risolvere questo mistero. Lo fa la procura e lo farà l’avvocato dalla famiglia Patrizia Scalvi, che ha nominato oggi Giovina Marina La Vecchia quale perito di parte, si tratta di una docente di metallurgia all’università di Brescia.
Chi si intende della materia, non nasconde comunque le difficoltà di questa ricerca di residui corporei dentro un forno di una fonderia, come trovare un ago in un pagliaio, o poco ci manca, ma se non si cerca non si trova. A complicare le cose, c’è poi il fatto che il forno, la mattina di venerdì 9, il giorno dopo la scomparsa di Bozzoli, ha lavorato a pieno ritmo, e solo dopo, in giornata fu fermato. Non solo, tutta la Bozzoli fino a martedì 13 ottobre, 5 giorni dopo la scomparsa, non fu sequestrata dagli inquirenti.
Proprio a causa di queste difficoltà, il mosaico investigativo di quanto accaduto alla Bozzoli va ricomposto pezzo per pezzo per trovare una prova, che legittimi una delle tante ipotesi che si fanno. Di certo manca un testimone chiave, Giuseppe Ghirardini trovato cadavere a Ponte di Legno, che proprio al forno era addetto. Si attende nelle prossime ore l’esito dell’autopsia che chiarirà le ragione della sua morte. Resta il mistero del cellulare dell’uomo, sparito e che viene ancora cercato nella zona del ritrovamento del cadavere, avvenuto dopo che l’uomo non dava sua notizie da 4 giorni. Ma la soluzione del giallo e’ quasi certamente dentro la Bozzoli, e Ghilardini si ipotizza possa al massimo aver avuto un ruolo secondario, o aver visto qualcosa che l’ha mandato in confusione , potrebbe averlo portato alla fuga, conclusasi tragicamente.
La moglie di Mario Bozzoli e i loro due figli, vivono ore tremende.
Proprio nel quadro di questo nucleo famigliare, sta una delle poche certezze di questo mistero: Mario Bozzoli non aveva alcuna intenzione di andarsene, o fuggire. Anche la Bozzoli andava bene, 45 milioni di fatturato, in una zona dove le fonderie abbondano, viste le molte aziende di armi, a cominciare dalla Fratelli Beretta pochi chilometri prima di Marcheno, salendo da Brescia.
Non solo, Bozzoli aveva anche avviato la costruzione di un centro odontoiatrico a Mazzano, dove avrebbe lavorato il figlio, con altri spazi da affittare. Un uomo che guardava avanti, “la fuga non ci sta” spiega chi conosce i Bozzoli. Eppure questa pista era data come la più probabile nei primi giorni di indagine. Ora invece tutto si e’ ristretto ai capannoni e alle piccole case dentro la Bozzoli in via Gitti, al fondo di un angusto viottolo interno. Nella ricomposizione del mosaico quindi si dovranno ora sentire i lavoratori, che furono interrogati solo subito dopo la scomparsa, quando il mistero pero’ non era ancora tale. E poi gli altri famigliari, a cominciare dal fratello di Mario, Adelio che con lui ha condiviso la crescita della Bozzoli, e con cui pare ci fossero state crescenti incomprensioni. Un mosaico da ricostruire, pezzo per pezzo.
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