Milano, 9 ott. (LaPresse) – Non aveva intenzione di partecipare all’aggressione a Pietro Barbini, né di aiutare i suoi ex amici Alexander Boettcher e Martina Levato ad organizzare i blitz con l’acido ai danni delle altre vittime. Andrea Magnani, il presunto complice dell’ex studentessa bocconiana e del broker 30enne, lo ha ribadito nel corso dell’udienza del processo, celebrato con rito abbreviato, a carico suo e della ragazza. Per tutta la giornata, incalzato dalle domande del pm Marcello Musso e dei legali di parte civile, Magnani si è dipinto come all’oscuro dei piani della coppia dell’acido. Il bancario 32enne, però, è incappato in una serie di contraddizioni sia descrivendo le aggressioni e le fasi preparatorie, che spiegando perché, una volta capita la gravità delle azioni di Martina e Alexander, non li abbia denunciati. Davanti al gup Roberto Arnaldi, infatti, Magnani ha ribadito che la 24enne, dopo aver sfigurato Pietro Barbini, lo ha obbligato ad aiutarla, minacciandolo con l’acido.

La ragazza, ha raccontato oggi in aula, dopo aver tirato il liquido corrosivo contro il suo ex compagno di liceo, lo ha raggiunto in auto e ha estratto dalla borsa Eastpack nera altri due flaconi pieni, che ha minacciato di svuotare sulle sue parti intime se non avesse collaborato. E quando Paolo Tosoni, legale di Stefano Savi, sfigurato la notte del 2 novembre in via Quarto Cagnino, gli ha fatto notare che l’operazione avrebbe richiesto molto tempo, Magnani non ha saputo rispondere. Non solo. Il bancario ha detto di aver sentito Boettcher, che seguiva Martina e la vittima brandendo una mazzetta da muratore, incitare la ragazza, dicendole: “Lancia ancora”. Peccato, però, gli ha fatto notare l’avvocato di Stefano Savi, altra vittima dell’acido, Paolo Tosoni, che abbia sempre raccontato di avere i finestrini chiusi e che nella registrazione audio dell’aggressione, registrata per caso da Barbini, non si senta nessuna voce. Ma queste non sono le uniche incoerenze nel racconto del bancario di 32 anni, che il pm Marcello Musso a più riprese ha definito “poco credibile”.

Magnani ha raccontato durante l’udienza porte chiuse che Levato, dopo il blitz contro Barbini, gli avrebbe anche intimato di non parlare con la polizia e gli ha detto che, se lei e Alexander fossero finiti in carcere, dei complici sarebbero stati pronti a far del male a lui e alla sua famiglia. Sempre sotto minaccia, Magnani avrebbe guidato la sua auto fino a casa e da qui fino a Viboldone, alle porte di Milano, dove lui e la ragazza avrebbero acceso un falò e si sarebbero sbarazzati dei flaconi di acido, degli abiti usati durante il blitz e della lista degli obiettivi successivi. Il bancario ha raccontato di aver dato un’occhiata per qualche secondo ai nomi, in tutto una ventina, contenuti in quell’elenco e vergati con una grafia maschile. Trai primi, ha ricordato ancora, c’era quello della sorella minore di Barbini. Anche oggi non ha partecipato all’udienza Martina Levato, che ogni giorno si deve “tirarsi il latte” per il figlio neonato, ospitato in una comunità del Comasco in attesa di una decisione del Tribunale dei Minori sull’affidamento. E questa operazione, ha spiegato il difensore Daniele Barelli, è molto difficile da fare in Tribunale. Il 13 novembre, giorno in cui è stata fissata la prossima udienza, però, “Martina ci sarà e risponderà a tutte le domande”, hanno assicurato i suoi legali Barelli e Alessandra Guarini. Nel frattempo, il 14 ottobre si tornerà in aula per il processo ad Alexander Boettcher, che ha optato per il rito ordinario. La giornata sarà dedicata, tra le altre cose, alle testimonianze delle amiche di Martina, Emanuela Manzo e Stefania Malec, che faranno luce sul rapporto tra la studentessa e Boettcher.

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