di Denise Faticante

Città del Vaticano, 8 ott. (LaPresse) – Che Papa Francesco volesse la ‘ermeneutica cospirativa’ fuori dall’aula del Sinodo era chiaro da giorni. E’ stato palese ieri dal discorso inaspettato e fuori programma del pontefice, ed è stato ancora più netto oggi quando padre Lombardi ha fatto l’esegesi della frase pronunciata dal Santo padre davanti ai partecipanti dell’Assemblea. “Quello che il Papa chiede – sottolinea il portavoce della sala stampa vaticana nel consueto punto stampa sui lavori dell’Assise – è che dobbiamo avere fiducia gli uni degli altri e dobbiamo essere convinti che dietro quello che accade non ci siano complotti”.

“La visione – ha concluso padre Federico Lombardi– è quella di un processo di scambio di comunicazione che avviene nella sincerità e non è certo guidata da interessi particolari”. Ormai tutti i partecipanti al Sinodo ci tengono a sottolineare che l’Assemblea ha e viene letta su due piani: quello mediatico e quello sostanziale. Se si considera il primo aspetto, non si può certo ignorare che le divisioni tra i vescovi cattolici di tutto il mondo ci sono e sono evidenti. Se si predilige il secondo, invece, siamo sicuramente davanti a un’Assise con una pluralità di visioni che cerca un nuovo linguaggio per gestire il cammino della Chiesa in questo momento di grande trasformazione. È quanto sostanzialmente spiegato anche dal cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo. “Qui si respira un clima di grande apertura e di grande libertà”, ha detto.

La discussione interna è “molto aperta, tranquilla e fraterna. Ci sono anche visuali diverse ma sempre in un clima molto aperto e senza personalismi, con il desiderio di offrire, per quanto possibile, indicazioni nuove per manifestare l’amore della Chiesa per la famiglia e la sua preoccupazione di fronte a fenomeni che vorrebbero, se non disgregare, non nobilitare pienamente il modello familiare”.

E a proposito di considerare il Sinodo come un match tra fazioni contrapposte, oggi il vescovo ghanese Charles Gabriel Palmer-Buckle, facendosi portavoce del continente, ha dovuto specificare che “L’Africa non vuole bloccare nulla ma proporre”. Il presule ghanese ha sollevato alcuni appunti sia al sistema dei mass media (“A volte crediamo che stiano forse dando una prospettiva sbagliata che ha a che fare più con le questioni europee, ma noi ci siamo, siamo numerosi, conosco anche i padri asiatici e latino-americani, e contribuiamo validamente a ciò che viene discusso“) nonché l’Instrumentum laboris, il testo base per i lavori: “La prima parte – sostiene – sembra essere redatta da qualcuno a cui mancava un po’ la prospettiva africana, ma malgrado il documento il Papa ci ha dato la libertà di poter parlare di cuore”.

E a dimostrazione che al Sinodo ognuno porta le proprie istanze ma anche le proprie ferite, è stata forte e netta la denuncia del patriarca di Antiochia (Siria), monsignor Ignace Youssif III Younan sulla persecuzione dei cristiani. “Sembra che paesi occidentali, America e Unione europea, per una politica di opportunismo economico, stiano dimenticando queste minoranze dove è nata la fede e la cultura cristiana. Ricordate quel che è successo a Palmira o in Iraq. Noi patriarchi e gli uomini di Chiesa siamo sconvolti da quel che accade alle nostre comunità in Iraq e Siria e cerchiamo di portare la voce di allarme alle potenze di questo mondo”.

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