Napoli, 28 giu. (LaPresse) – I carabinieri della stazione di Villaricca, in provincia di Napoli, hanno scoperto un laboratorio clandestino interrato dove prosciutti provenienti dalla Polonia venivano disossati ed etichettati con marchi di aziende italiane, per poi essere venduti al dettaglio a prezzi vantaggiosissimi. Tra le etichette applicate, anche quella del consorzio prosciutto di Parma.

I responsabili, una 52enne e un 54enne di Villaricca, sono stati denunciati per frode in commercio, esercizio abusivo di vendita all’ingrosso di prodotti alimentari di salumeria, violazione delle norme amministrative e sanitarie che disciplinano la somministrazione al pubblico di alimenti.

Le frodi a tavola si moltiplicano nel tempo della crisi soprattutto con la diffusione dei cibi low cost e sono crimini particolarmente odiosi perché – sostiene la Coldiretti – si fondano sull’inganno nei confronti di quanti, per la ridotta capacità di spesa, sono costretti a risparmiare sugli acquisti di alimenti. Oltre un certo limite – spiega la Coldiretti – non è possibile farlo se non si vuole mettere a rischio la salute.

Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto messa in atto dalla Magistratura e da tutte le forze dell’ordine impegnate confermano però la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie troppo larghe della legislazione a partire – continua Coldiretti – dall’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della materia prima impiegata. Il settore della carne – sostiene la Coldiretti – è particolarmente vulnerabile con il valore dei sequestri effettuati dai nas che è stato pari a 143,7 milioni di euro nel 2014, il più alto tra tutti i diversi settori merceologici, anche per la mancanza di trasparenza negli scambi commerciali e nell’informazioni ai consumatori in etichetta.

Infatti – rileva la Coldiretti – due prosciutti su tre venduti oggi in Italia provengono da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania e Spagna senza che questo venga evidenziato chiaramente in etichetta dove non è ancora obbligatorio indicare l’origine. Una situazione che fa chiudere le stalle italiane per la concorrenza sleale di prodotti spacciati come nazionali senza averne le caratteristiche. In Italia sono allevati – continua la Coldiretti – più di 8 milioni di maiali destinati per il 70 per cento alla produzione dei 36 salumi che hanno ottenuto dall’Unione Europea il riconoscimento di denominazione di origine (Dop/Igp). Il settore della produzione di salumi e carne di maiale in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi. Secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat le famiglie italiane spendono all’anno circa 280 euro per l’acquisto dei salumi.

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