Roma, 26 giu. (LaPresse) – “Dopo 35 anni di depistaggi, siamo arrivati alla verità parziale su Ustica. Parziale perché sappiamo le cause, quello che è successo ma non conosciamo i responsabili, i colpevoli dell’abbattimento di un aereo civile in tempo di pace”. Lo ha dichiarato a Voci del Mattino, in onda su Radio1 Rai, Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione parenti delle vittime di Ustica, in occasione del 35mo anniversario della strage.

“Io chiedo – ha aggiunto – alla politica e al governo del mio Paese di voltare pagina, di rapportarsi in modo diverso con quei Paesi amici e alleati che, ormai è acclarato, erano presenti coi loro aerei nei cieli italiani quella sera”. Secondo Bonfietti “Francia, Usa e Libia devono dare delle risposte, sono troppi anni che i magistrati romani le stanno inutilmente cercando, dopo le dichiarazioni di Cossiga del 2007 che coinvolsero la Francia nell’abbattimento del DC9 dell’Itavia. Ma quest’ultimo, fondamentale pezzo di verità lo possiamo conquistare solo se il nostro Paese si muove sull’onda di una grande indignazione”.

“Hanno abbattuto un aereo civile in tempo di pace, lo hanno abbattuto, come ha detto il giudice Priore, al termine di una guerra aerea di fatto e mai dichiarata, senza che nessuno ne abbia fornito spiegazioni”, ha continuato Bonfietti, ricordando che ci sono due sentenze che “hanno riconosciuto le responsabilità di due ministeri: il ministero dei Trasporti, per non avere tutelato la sicurezza del volo e dei cittadini, quello della Difesa, per avere impedito con ogni mezzo che si giungesse alla verità, attuando depistaggi e distruggendo prove. Perché mai – si è chiesta Bonfietti – il mio Paese non dovrebbe pretendere di sapere fino in fondo la verità? Solo così potremmo davvero scrivere l’ultimo capitolo di questa storia e dare giustizia alle tante vittime innocenti”.

Molto ci si aspetta dalla ratifica, che è passata alla Camera e ora andrà al Senato, della convenzione di Bruxelles che disciplina la collaborazione giudiziaria fra gli stati membri dell’Ue, ha detto la presidente dell’associazione parenti delle vittime. “Eravamo stati proprio noi a chiederne l’applicazione su Ustica, ma Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo, ci aveva risposto che non era possibile in quanto l’Italia dal 2000, non l’aveva ancora ratificata. Poco incisiva – ha detto ancora Bonfietti -è risultata invece sinora la lettura delle carte desecretate, provvedimento del governo Renzi che noi salutammo con entusiasmo, perché ci sembrava ispirato da una logica votata alla trasparenza e alla ricerca della verità”.

“Stiamo riscontrando difficoltà da parte dei ministeri a mettere le carte a disposizione, senza contare che il materiale fornito è incompleto. Ci sono ad esempio, le lettere che D’Alema scrisse agli Usa e alla Francia nel 2000 quando era presidente del Consiglio, ma poi non si conoscono le risposte di questi Paesi, e dunque il materiale non acquista rilevanza ai fini di un avanzamento verso la verità”, ha concluso Bonfietti.

Davanzali a Radio1: Con soldi risarcimento una compagnia aerea -. “La Cassazione – ha concluso Davanzali – è stata chiara nel suo pronunciamento: Davanzali va risarcito. E se arriverà questo risarcimento, voglio ricreare una compagnia aerea. Perché voglio tenere alta la memoria di mio padre, glielo devo. E il primo volo lo intitolerò: ‘Aldo Davanzali”.Lo ha detto a Voci del Mattino, in onda su Radio1 Rai, Luisa Davanzali, figlia di Aldo Davanzali, l’armatore dell’Itavia, in occasione del 35mo anniversario della strage di Ustica. “Aldo Davanzali era un pioniere dello spazio aereo, un grande armatore. Ustica distrusse la nostra vita: ci vennero revocate le licenze aeree, le banche bloccarono i finanziamenti, i dipendenti persero il lavoro. Mio padre rimase solo, senza più nulla”, ha ricordato.

“Qualcuno – ha aggiunto Davanzali – parlò di ‘bare volanti’, alludendo alla teoria, risultata falsa, che l’aereo fosse precipitato per un cedimento strutturale o per un difetto di manutenzione. Vi fu una campagna denigratoria nei confronti di mio padre ma noi dimostrammo come l’Itavia fosse talmente affidabile che altre compagnie aeree chiedevano a mio padre consulti e suggerimenti tecnici. Mio padre poteva essere salvato – ha sottolineato Davanzali – ma probabilmente è stata un decisione arrivata dall’alto, è stato deciso di sacrificarlo perché dava fastidio, voleva rompere il monopolio delle grandi compagnie. E’ stata commessa un’ingiustizia. Quella vicenda, oltre a rovinare la nostra famiglia economicamente, minò la salute di mio padre, che morì di Parkinson. Dopo la tragedia non dormiva più, aveva angosce e incubi continui. Si isolò da tutti, tranne che da noi familiari, perché era stata violata la sua dignità di uomo e di lavoratore. Lui, peraltro, disse subito che era stato un missile e per questa affermazione venne criticato e minacciato di querela.

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