Roma, 25 mar. (LaPresse) – Quattro le questioni fondamentali affrontate e 24 i motivi elencati. E’ corposo il ricorso, quasi 400 pagine, presentato alla Corte di Cassazione dagli avvocati di Raffaele Sollecito che è stato condannato dalla corte di Appello di Firenze rispettivamente a 25 di reclusione (con Amanda Knox a 28 anni) per la morte di Meredith Kercher, studentessa inglese che con la Knox divideva l’appartamento universitario di Perugia.
In particolare i legali di Sollecito, gli avvocati Giulia Bongiorno e Luca Maori, proprio all’inizio del ricorso chiedono che ad occuparsi della questione siano le Sezioni unite penali perché alcune delle questioni affrontate “appaiono di speciale importanza o, comunque, potrebbero dal luogo a un contrasto giurisprudenziale”. I ricorsi ovviamente sono due: 122 sono le pagine che raccolgono invece il ricorso della ragazza americana presentata dai legali Carlo Dalla Vedova e Luciano Ghirga.
Nel ricorso di Sollecito si evince immediatamente una presa di distanza dall’azione della Knox quando si legge che “va ricordato che Sollecito ha sempre dichiarato di essere estraneo ai reati contestati e di non essersi trovato sul luogo del delitto al momento dei fatti; ed infatti, la sera dell’omicidio non si era mai allontanato dalla propria abitazione. In merito al dettaglio degli accadimenti, sin dal primo interrogatorio aveva sempre sottolineato che avendo fatto uso di cannabis i suoi ricordi non potevano essere nitidi. Proprio per questo, non si sarebbe potuto escludere da parte del Giudice di rinvio- in via di ipotesi- che la Knox si allontanò dalla casa del Sollecito a sua insaputa per tornare, per qualche ragione in via della Pergola”.
PROVE SCIENTIFICHE E DNA Nel ricorso i legali parlano di un “clamoroso abbaglio” quando i giudici di Firenze “affermano che sulla lame del coltello (arma del delitto ndr) fu rilevato Dna misto Kercher-Sollecito”.
I due legali infatti evidenziano che “la relazione scientifica non ha mai evidenziato che vi fosse Dna di Sollecito”. La difesa del giovane contesta la sentenza d’appello nella parte in cui sostiene la presenza di più soggetti nella casa del delitto sulla base delle tracce di sangue evidenziate con il luminol dalla polizia scientifica. Secondo i legali c’ è però un documento successivo degli stessi investigatori che esclude invece i reperti ematici. Per gli avvocati Bongiorno e Maori il collegio di secondo grado “si confonde” poi sull’impronta di scarpa insanguinata di Rudy Guede (che, giudicato con il rito abbreviato, sta scontando 16 anni di reclusione ormai definitivi) attribuita invece a un piede nudo della Knox.
INATTENDIBILITA’ DEI TESTIMONI “Per ciò che riguarda la valutazione di attendibilità del principali testimoni- si legge nel ricorso-alcuni peraltro indotti a presentarsi solo a seguito delle insistenze dei giornalisti, la sentenza impugnata ha sottovalutato l’altissimo rischio di condizionamento mediatico legato al presente processo”.
Il ricorso dei legali di Sollecito si chiude con la richiesta di annullamento della sentenza dell’Appello-bis così come quello degli avvocati della ragazza americana
NESSUN ALTERNATIVA A COLPEVOLEZZA KNOX. Nel loro ricorso i legali fanno un appunto nei confronti dei giudici toscani che, a loro dire, hanno disatteso le richieste della Cassazione che “aveva rimesso al merito per esaminare se ricorressero eventuali soluzioni alternative”. Si legge ancora “si è di fatto operata una scelta selettiva di indizi e di prove, trascurando quelle di diversa e opposta valenza. Soluzioni contrarie alla colpevolezza della Knox non sono state esaminate anche in presenza di robuste argomentazioni contrarie illustrate dalla difesa e della sentenza di assoluzione della Corte di Assise di Perugia”. Nell’auspicare che la loro assistita possa riprendere “una vita normale e costruttiva”, i legali sostengono che nella sentenza da loro impugnata non esiste “nemmeno una prova diretta o storica a carico della Knox, che provi la sua assunta colpevolezza e ciò ovviamente perché tale prova non esiste”.
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