Torino, 23 mar. (LaPresse) – Un lungo applauso è stato rivolto dalla folla in piazza della Consolata a Torino quando sono entrati nell’omonima chiesa i feretri di Antonella Sesino e Orazio Conte, le due vittime torinesi coinvolte nell’attentato di Tunisi. La messa è celebrata dall’arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia. Sulla cancellata della chiesa campeggiano due grossi striscioni: “Non è giusto morire cosi” e “Mai soli”. Di fronte sono disposte le corone di fiori lasciate dalle famiglie, dagli amici, dalla Costa crociere, dal Consiglio dei ministri, dalla Camera dei deputati e dallo Stato tunisino.
CAROLINA BOTTARI PRESENTE AI FUNERALI. Carolina Bottari, la moglie di Orazio Conte, dipendente comunale, rimasta ferita alle gambe nell’attacco al Bardo di Tunisi e ricoverata all’ospedale Cto di Torino, ha avuto il permesso di essere presente ai funerali. Finite le esequie ritornerà nell’ospedale torinese e sarà ricoverata in ortopedia nel reparto del professore Alessandro Massè. Per quanto riguarda Anna Abagnale, seconda dipendente comunale rimasta ferita nell’attentato, è ancora molto incerto il suo rientro in Italia oggi pomeriggio, in quanto la donna si trova in condizioni delicate. Lo si apprende da fonti ospedaliere.
L’OMELIA DI MONSIGNOR NOSIGLIA: ‘LA VIOLENZA NON AVRA’ LA VITTORIA’. La strage degli innocenti che si è rinnovata in questi giorni scuota la coscienza di ogni uomo di buona volontà e ci renda tutti più consapevoli che chi si serve della violenza e sceglie la via del sangue aggredendo cittadini inermi non avrà mai la vittoria, se non nella propaganda strumentale sulla rete e sulle vie mediatiche, perché l’Amore e la volontà di pace e di rispetto di ogni persona, alla lunga, vinceranno, avendo dalla propria parte la potenza di Dio”. E’ questo un passaggio dell’omelia dell’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, al Santuario della Consolata per i funerali delle vittime dell’attentato di Tunisi, Antonella Sesino e Orazio Conte. E’ necessario, ha spiegato, “un concreto e condiviso impegno che rinnovi profondamente il nostro sistema di mentalità e stile di vita che abbiamo promosso in questi decenni. Perché questo cambiamento è oggi la più grande sfida della nostra società occidentale, indebolita dal consumismo dell’avere sempre di più, che ha illuso che la felicità dipendesse dal possesso di beni, di soldi e di potere, una società dove cresce la solitudine e la noia di una vita senza regole etiche condivise, una società sazia e stanca che sta perdendo la sua anima culturale e spirituale”. Da parte di monsignor Nosiglia anche una citazione di Papa Francesco che “ci sta indicando vie molto concrete su cui ritrovarci come credenti di varie religioni e non credenti, uomini e donne di buona volontà; si tratta di imparare e andare a scuola dei poveri, immergendosi nelle periferie esistenziali e condividendo le miserie di chi abita situazioni di grave disagio e difficoltà e viene spesso considerato uno scarto o un peso per la comunità”. “Da lì – ha aggiunto – si deve ripartire per promuovere una società più giusta, equa e solidale che non lasci alcun spazio alla violenza, nessuna giustificazione per il prevalere di ideologie culturali, religiose o sociali che dividono e innalzano muri, là dove invece occorre gettare ponti di amore, di incontro e di collaborazione, per perseguire uniti il bene comune rispetto al bene individuale della propria nazione, religione o cultura”. L’Inno alla carità e il Vangelo delle Beatitudini “non ci mostrano l’utopia di una società perfetta, ma ci spronano a credere nella possibilità concreta di un mondo nuovo e diverso, fondato su comportamenti individuali e collettivi orientati all’amore e non all’egoismo, al servizio dei fratelli che subiscono prove ingiuste o sofferenze fisiche o morali, piuttosto che al culto di se stessi. Così – ha concluso – il sacrificio dei cari defunti che oggi piangiamo non sarà stato vano e porterà molto frutto”.
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