Roma, 25 feb. (LaPresse) – “Il Consiglio di sicurezza non ha agito di fronte alle varie crisi in Siria, Iraq, Gaza, Israele e Ucraina, neanche quando sono stati commessi crimini orrendi contro la popolazione civile da parte degli stati o dei gruppi armati, per proprio tornaconto o interessi politici”. E’ l’accusa che Amnesty International rivolge all’Onu nel suo rapporto annuale, chiedendo “ai cinque Stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza di rinunciare al loro diritto di veto nei casi di genocidio o di altre atrocità di massa”. “Potrebbe essere una svolta per la comunità internazionale e uno strumento per difendere le vite umane. Così facendo, i cinque stati membri permanenti darebbero alle Nazioni Unite un più ampio margine d’azione per tutelare i civili in caso di gravi rischi per le loro vite e invierebbero un segnale potente che il mondo non resterà a guardare passivamente di fronte alle atrocità di massa”, spiega il presidente di Amnesty International Italia Antonio Marchesi.

“SENZA REAZIONE LEADER MONDIALI A CONFLITTI PROSPETTIVE TETRE”. Il Rapporto 2014-2015 di Amnesty International, pubblicato oggi, presenta un’analisi complessiva della situazione dei diritti umani riscontrata nel 2014 in 160 Paesi e ammonisce che, “se i leader mondiali non agiranno immediatamente di fronte alla mutata natura dei conflitti e non rimedieranno alle carenze identificate nel rapporto, la prospettiva per i diritti umani nel periodo 2015-2016 sarà tetra”. I rischi, per Amnesty, sono: “Popolazioni civili sempre più costrette a vivere sotto il controllo quasi statale di brutali gruppi armati e sottoposte ad attacchi, persecuzioni e discriminazioni; crescenti minacce alla libertà d’espressione e ad altri diritti umani, tra cui le violazioni causate da nuove, drastiche leggi antiterrorismo e da sorveglianze di massa ingiustificate; il peggioramento delle crisi umanitarie e dei rifugiati, con un sempre maggior numero di persone in fuga dai conflitti, i governi ancora impegnati a chiudere le frontiere e la comunità internazionale sempre più incapace di fornire assistenza e protezione”. Particolare preoccupazione, spiega Amnesty International, è data dal crescente potere di gruppi armati non statali, tra cui il quello che si è denominato Stato islamico. Nel 2014 i gruppi armati hanno commesso abusi dei diritti umani in almeno 35 paesi, più di un quinto di quelli su cui Amnesty International ha svolto ricerche. “Con l’estensione dell’influenza di gruppi come Boko haram, Stato islamico e Al Shabaab oltre i confini nazionali, sempre più civili saranno costretti a vivere sotto un controllo quasi statale, sottoposti ad abusi, persecuzione e discriminazione”, commenta Marchesi. “I governi – prosegue – devono finirla di affermare che la protezione dei civili è al di là dei loro poteri e devono invece contribuire a porre fine alla sofferenza di milioni di persone. Devono avviare un cambiamento fondamentale nel modo di affrontare le crisi nel mondo”.

PREOCCUPAZIONE PER SITUAZIONE CARCERI ITALIANE E MIGRANTI. Il Rapporto di Amnesty contiene poi un capitolo riguardante l’Italia. Al centro delle preoccupazioni di Amnesty International restano la perdurante assenza del reato di tortura nella legislazione nazionale, la discriminazione nei confronti delle comunità Rom, la situazione nelle carceri e nei centri di detenzione per migranti irregolari e il mancato accertamento – nonostante i progressi compiuti su qualche caso – delle responsabilità per le morti in custodia, a seguito d’indagini lacunose e carenze nei procedimenti giudiziari. “Durante il semestre di presidenza dell’Unione europea, l’Italia ha sprecato l’opportunità di dare all’Europa un indirizzo diverso, basato sul rispetto dei diritti umani, sul contrasto alla discriminazione e soprattutto su politiche in tema d’immigrazione che dessero priorità a salvare vite umane, attraverso l’apertura di canali sicuri di accesso alla protezione internazionale, piuttosto che a controllare le frontiere”, dichiara Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia. “Dopo aver salvato oltre 150.000 rifugiati e migranti che cercavano di raggiungere l’Italia dal Nord Africa su imbarcazioni inadatte alla navigazione – aggiunge -, a fine ottobre l’Italia ha deciso di chiudere l’operazione Mare Nostrum. Avevamo chiesto al governo, e lo stesso primo ministro si era impegnato pubblicamente in questo senso, di non sospendere Mare Nostrum fino a quando non fosse stata posta in essere un’operazione analogamente efficace, in termini di ricerca e soccorso in mare. Le nostre richieste non sono state ascoltate, con le conseguenze ampiamente previste di nuove, tragiche morti in mare, nonostante il pieno dispiegamento dei mezzi e l’impegno della Guardia costiera italiana, lasciata pressoché sola dalla comunità internazionale”.

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