Bologna, 23 dic. (LaPresse) – Volevano tagliare in due l’Italia dei treni, gli attentatori che la scorsa notte hanno dato fuoco ad alcuni pozzetti elettrici nella zona della stazione Santa Viola provocando danni ai cavi e l’interruzione del traffico ferroviario. L’ipotesi emerge da fonti vicine alla procura, e fa capire che secondo le ipotesi degli inquirenti – questa mattina si è svolto un incontro operativo tra il pool istituzioni e terrorismo e la digos per fare il punto della situazione – le intenzioni di chi ha appiccato il fuoco erano serie: lo hanno fatto in un punto strategico, dove transita buona parte del traffico del nord, e in un giorno importante per l’esodo natalizio e perché l’ultimo per gli studenti prima delle vacanze. Si tratterebbe di professionisti di questo tipo di attentati, che agiscono secondo strategie ben collaudate: travisati in volto, senza cellulari, in punti fondamentali e probabilmente monitorati e studiati a fondo nei giorni scorsi.
Hanno agito approfittando del buio e della fitta nebbia che alle 4.30 avvolgeva la zona, in punti in cui l’accesso ai binari è semplice e probabilmente non sono stati ripresi dalle telecamere: la struttura ne è dotata, ma non esattamente nei punti nei quali sono state fatte partire le fiamme. Quattro tamponi sono stati sistemati in altrettanti pozzetti dai quali partono i cavi delle linee e della fibra ottica: in ognuno dei pozzetti è stato applicato il fuoco a due canalette, una per parte, e l’incendio è partito facilmente. Digos e scientifica sono al lavoro anche per capire l’attendebilità delle numerose scritte anti Tav, vere e proprie firme sul luogo dell’attentato, e soprattutto per datarle: alcune sembrano più fresche di altre, potrebbero risalire dunque a questa notte.
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