Torino, 18 lug. (La Presse) – Francesco Furchì, l’uomo in carcere da un anno e mezzo per l’omicidio del consigliere comunale di Torino dell’Udc Alberto Musy, è indagato anche per estorsione. Questa mattina è stato perquisito in cella in carcere alle Vallette di Torino dopo la chiusura di un nuovo filone d’indagine della squadra mobile di Torino, scaturito dall’inchiesta sull’aggressione del politico torinese colpito da una raffica di colpi di revolver il 21 marzo 2012. Il filone si riferisce alla vicenda di Arenaways, società di trasporti ferroviari fallita.
Furchì si sarebbe inserito nella vicenda chiedendo a Musy di intervenire per trovare degli investitori che potessero rilevare l’azienda quando era prossima al fallimento. Musy non accolse la sua richiesta. Furchì avrebbe pressato quindi, successivamente, un imprenditore subentrato in seguito, parte lesa, che aveva cercato di rilevare la società, non riuscendoci. Al centro della vicenda però ci sono Vincenzo D’Alcalà e Massimiliano Celico, arrestati questa mattina per estorsione. Sarebbero stati loro a estorcere all’imprenditore 40mila euro.
Il personaggio al centro dell’inchiesta è l’arrestato Vincenzo D’Alcalà. E’ stato arrestato per aver estorto del denaro, insieme a Massimiliano Celico, anche lui fermato questa mattina, a Luca Di Gioia, imprenditore che Furchì avrebbe tentato di convincere a rilevare Arenaways, società creata nel 2006. Furchì, come presidente dell’associazione Magna Grecia, si era interessato alla compagnia ferroviaria che intendeva agevolare il trasporto tra Piemonte e Calabria. Nel 2011 Arenaways fallì.
Furchì si mise in contatto con Di Gioia dopo che era fallito il tentativo di salvataggio di una cordata di imprenditori valdostani. E dopo che era andato fallito il suo tentativo personale di convincere Alberto Musy a investire per rilevare l’azienda. Di Gioia avrebbe dovuto versare 450mila euro per il salvataggio, ma non li saldò. Furchì avrebbe pressato Di Gioia per avere una parte del denaro non corrisposto, non si sa a quale titolo.
D’Alcalà e Celico invece, secondo l’accusa, avrebbero estorto a Di Gioia 40mila euro. I fatti di reato sarebbe accaduti tra il novembre del 2012 e il mese di aprile 2013. Secondo il capo della squadra mobile di Torino, Luigi Silipo, D’Alcalà, che ha precedenti per estorsione, usura e lesioni, sarebbe un “personaggio molto pericoloso dal temperamento mafioso”.
“Non abbiamo ricevuto denunce – ha spiegato – ma è un soggetto vicino ad ambienti della ‘ndrangheta. Da un anno e mezzo arrivano in questura a Torino esposti anonimi contro di lui. Lo chiamano il re di Santena. Molti cittadini ci scrivono che si dedica ad usura ed estorsione. Mi aspetto che dagli esposti anonimi si passi a una collaborazione che prevede l’esplicitazione delle sue attivita, questo è un appello ai cittadini di Santena. Devono farsi avanti”.
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