Milano, 11 apr. (LaPresse) – “Mentre il corpo bruciava, spaccavamo le ossa con una pala”. La voce di Carmine Venturino rimane calma mentre nell’aula del processo d’appello per l’omicidio di Lea Garofalo, racconta di come la sera del 24 novembre 2009 la donna sia stata portata dall’ex compagno Carlo Cosco in un appartamento di piazza Prealpi a Milano e strangolata con la complicità del fratello Vito. Venturino, vicino alla ‘ndrangheta ma non affiliato come i fratelli Cosco, non ha partecipato all’omicidio. Con Rosario Curcio, un altro imputato, ha messo il corpo della donna in uno scatolone per portarlo in un capannone a San Fruttuoso, quartiere di Monza, dov’è stato bruciato per tre giorni di fila prima di consumarsi completamente. Un omicidio, quello della collaboratrice di giustizia, “imposto dalla ‘ndrangheta” perche’ la donna ”portava una macchia” per aver ”abbandonato il marito in carcere” e per aver parlato ai magistrati. Cosi la donna, dopo diversi tentativi andati a vuoto, è stata strangolata dai Cosco con la corda della tenda dell’appartamento che Carlo divideva con lo stesso Venturino. La corda “le era entrata nella carne – ha aggiunto – e lei aveva molti colpi in faccia, una parte della faccia era schiacciata”.
Ad ascoltare le sue parole, in un corridoio vicino all’aula d’Assise e d’Appello, c’era anche Denise, figlia di Lea Garofalo, che dopo aver testimoniato contro il padre vive sotto protezione. “Mi sono innamorato di Denise il 17 marzo 2010, dopo che la madre è stata uccisa”, ha raccontato Venturino specificando di non nutrire “alcun rancore” per gli altri imputati “che continuo a considerare la mia famiglia e con cui ho vissuto 3 anni”. “Mi sono pentito prima di essere stato arrestato – ha spiegato – perché vedevo Denise sola e disperata nel suo dolore. Lei è un angelo e mi sono innamorato”. Quanto all’omicidio della madre “non sono riuscito a dirglielo – ha spiegato – non ho avuto il coraggio”. “Prima di accusare miei coimputati – ha proseguito – mi autoaccuso e lo faccio solo ed esclusivamente per amore di Denise e per chiedere alla Corte, che qui rappresenta lo Stato, un’opportunità per il futuro”. Il processo riprende oggi con le battute finali della testimonianza di Venturino e le dichirazioni spontanee di Carlo Cosco, che lunedì scorso ha ammesso le sue responsabilità nella morte della ex compagna, ma ha sottolineato di amare la figlia e di non volerle fare del male.
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