Dimissioni Papa, data Conclave 7 o 8 marzo, ma ci sono divisioni

Dimissioni Papa, data Conclave 7 o 8 marzo, ma ci sono divisioni

Città del Vaticano, 22 feb. (LaPresse) – Il fatto che Papa Benedetto XVI non abbia ancora emesso un ‘motu proprio’ che indichi una deroga precisa, capace di consentire la convocazione del futuro Conclave prima del 15 marzo, non vuol dire che in Vaticano non si stia continuando a lavorare per indicare una data compatibile con tale anticipazione. Anzi, fonti qualificate all’interno delle Mura Leonine fanno trapelare che la possibile scelta è ormai limitata a giovedì 7 marzo o al giorno successivo, venerdì 8 marzo. Perché ciò possa accadere, però, è appunto necessario un intervento papale che modifichi la precedente Costituzione apostolica ‘Universi dominici gregis’ le cui norme fissano la convocazione del Conclave non prima del 15mo giorno dalla proclamazione della ‘sede vacante’ (che scatterà dopo le ore 20 di giovedì 28 febbraio, quando Joseph Ratzinger lascerà il Vaticano ritirandosi a Castel Gandolfo e rendendo così esecutive le sue dimissioni). Ma proprio questo sarebbe il problema sul quale, secondo molte fonti vaticane, starebbe riflettendo di più il Papa il quale vorrebbe evitare che, in qualsiasi modo, un suo intervento sulle procedure per l’elezione del proprio successore, sia vista come un’ingerenza capace di smentire quella previsione di totale assenza dalla vita del prossimo pontificato che sarebbe simboleggiata dalla decisone di Ratzinger di ritirarsi in un ex convento di clausura all’interno delle mura vaticane.

A pesare poi sulla scelta papale, peserà certamente il fatto che a premere di più su un anticipo del Conclave sono soprattutto gli esponenti dei porporati di Curia (sia quella guidata da Angelo Sodano come Segretario di Stato ai tempi di Wojtyla, sia quella legata all’attuale gestione del Segretario di Stato Tarcisio Bertone). Ascolterà il loro invito Benedetto XVI o, piuttosto, la configurazione ‘curiale’ di questa cordata pro-anticipo finirà per frenare la sua decisione? A spingere per quest’ultima possibilità, infatti, ci sarebbe una seconda cordata cardinalizia che avrebbe, sempre secondo le indiscrezioni che filtrano dal Vaticano, i suoi leader in alcuni cardinali stranieri, considerati sia dei ‘papabili’ sia dei ‘popemakers’ in grado di guidare il Conclave verso la propria scelta finale. Tra questi vengono indicati sia l’attuale arcivescovo di New York, Timothy Dolan, sia l’arcivescovo di Parigi André Vingt-Trois. Le obiezioni di questo gruppo di cardinali riguarderebbero proprio la ‘spinta curiale’ per un possibile anticipo e criticano chi vorrebbe impedire una più articolata organizzazione delle Congregazioni generali che, dopo l’avvio della ‘sede vacante’, servono ai cardinali provenienti da tutto il mondo per conoscersi, stabilire contatti e alleanze, cominciare a riflettere su possibili candidature e su riflessioni riguardanti i problemi della Chiesa e la loro possibile soluzione a seconda chi diventerà il nuovo Papa. Un’esigenza che è sottolineata da chi, in Vaticano, espone le tesi di coloro che sono più critici rispetto a un’eventuale anticipazione, spiegando che, “se alla fine a vincere sarà la Curia, si tratterà probabilmente di una ‘vittoria di Pirro’. Perché, molto probabilmente, i cardinali che non volevano che fossero abbreviati i tempi per il dibattito interno al sacro collegio, troverebbero anche in tale argomento una spinta verso scelte molto radicali al momento del voto”.

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