Roma, 24 set. (LaPresse) – Crisi, corruzione e unioni civili sono stati i temi al centro della prolusione del cardinale Angelo Bagnasco in apertura dei lavori del Consiglio permanente della Cei. E’ duro il giudizio del presidente della Cei sulle unioni civili che sono per lui “un’imposizione simbolica, tanto poco in genere vi si è fatto ricorso là dove il registro è stato approvato. Si ha l’impressione, infatti, che non si tratti di dare risposta a problemi reali – ai quali da sempre si può rispondere attraverso il codice civile esistente – ma che si voglia affermare ad ogni costo un principio ideologico, creando dei nuovi istituti giuridici che vanno automaticamente ad indebolire la famiglia”. E’ paradossale per Bagnasco “voler regolare pubblicisticamente un rapporto quando gli interessati si sottraggono in genere allo schema istituzionale già a disposizione. In realtà, al di là delle parole, ci si vuol assicurare gli stessi diritti della famiglia fondata sul matrimonio, senza l’aggravio dei suoi doveri”. “Quando si vuole ridefinire la famiglia esclusivamente come una rete di amore – spiega il cardinale – disancorata dal dato oggettivo della natura umana – un uomo e una donna – e dalla universale esperienza di essa, la società deve chiedersi seriamente a che cosa porterebbe tale riduzione, a quali nuclei plurimi e compositi: non solo sul versante numerico, ma anche su quello affettivo ed educativo, strutturante cioè la persona. La società, come già si profila in altri Paesi, andrebbe al collasso”.

Un evidente riferimento del presidente della Cei anche alla situazione politica italiana, soprattutto in riferimento allo scandalo fondi che ha investito il gruppo Pdl in Regione Lazio. “Quando per interessi economici sull’uomo prevale il profitto, oppure per ricerca di consenso prevalgono visioni utilitaristiche o distorte – afferma Bagnasco – le conseguenze sono nefaste e la società si sfalda. Dispiace molto che anche dalle Regioni stia emergendo un reticolo di corruttele e di scandali, inducendo a pensare che il sospirato decentramento dello Stato in non pochi casi coincide con una zavorra inaccettabile”. Il cardinale critica la classe politica che “continua a sottovalutare” l’indignazione causata da “immoralità e il malaffare” che è “motivo di disagio e di rabbia per gli onesti. Possibile che l’arruolamento nelle file della politica sia ormai così degradato? Si parla di austerità e di tagli, eppure continuamente si scopre che ovunque si annidano cespiti di spesa assurdi e incontrollati”.

Infine una considerazione sulla crisi e sulla povertà che “cresce e tocca tutti” e segna la vita della gente “in modo preoccupante”. “La crisi – afferma Bagnasco – non è congiunturale ma di sistema, e la durata nel tempo, nonché gli scenari internazionali, hanno ormai dimostrato che riveste una complessità e profondità tali da non poter essere affrontata con formule facili o peggio propagandistiche, né oggi né domani. E neppure è possibile un affronto puramente nazionale che prescinda da quel contesto europeo e mondiale che, pur presentando vischiosità e particolarismi, sarebbe illusorio e suicida sottovalutare. La preoccupazione maggiore deriva dalla situazione dei più giovani e “il loro magro presente” causato dal precariato che “indica chiaramente una fragilità sociale, ma sta diventando una malattia dell’anima: la disoccupazione o inoccupazione sono gli approdi da una parte più aborriti, e dall’altra quelli a cui ci si adatta pigramente, con il rischio di non sperare, di non cercare, di non tentare più. La mancanza di un reddito affidabile rende impossibile pianificare il futuro con un margine di tranquillità, e realizzare pur gradualmente nel tempo il sogno di una vita autonoma e regolare”. Ma questi giovani la Chiesa “li sente più figli che mai, anche se alcuni di loro la deridono o non si fidano. Siamo con questi giovani perché è intollerabile lo sperpero antropologico di cui, loro malgrado, sono attori. Siamo vicini perché non si spenga la speranza e non venga meno il coraggio”.

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