L’Aquila, 1 lug. (LaPresse) – Far emergere abusi e speculazioni nella ricostruzione dell’Aquila. E’ questo l’obiettivo di Aquileaks, un progetto lanciato da un gruppo di attivisti all’hackmeeting (il raduno nazionale annuale degli hacker) che si è concluso oggi nel capoluogo abruzzese. L’idea è quella di consentire a chi, per motivi di lavoro o di casuale opportunità, abbia accesso a documenti non pubblici dai quali emergano abusi, di inviarli in modo anonimo a un sito che poi a sua volta di occuperà di smistarli ad esperti e giornalisti in grado di fare una verifica sulle segnalazioni e poi di pubblicarle. Il tutto, spiega uno degli attivisti, partirà in autunno con una campagna informativa intorno al nuovo strumento. Al nome di Aquileaks è stato associato anche quello di Sant’Agnese, che nel folclore locale è considerata “la protettrice delle malelingue”.
Il progetto nasce sulla scorta di un lavoro tecnico, portato avanti da tre giovani hacker, che hanno realizzato un software, battezzato Globaleaks (www.globaleaks.org), in grado di consentire a chiunque di realizzare il proprio sito dedicato ai “leaks”. Obiettivo: dare il via alla nascita di una rete di siti di questo genere, divisi per città e per tematiche, che replichi il modello del celebre Wikileaks a livello locale. Una rete che, dato il numero di nodi, sottolineano gli autori, risulti impossibile da fermare.
L’idea, spiega Arturo Filastò, giovane hacker noto in rete come Hellais, che ha presentato il progetto insieme a Michele Orrù (“Maker”) e Claudio Agosti (“Vecna”), “è nata nel dicembre 2010. Il primo prototipo era pronto a settembre 2011”. Rispetto al modello di Assange, la differenza è che il sito in questo caso non pubblica nulla, ma si limita a indirizzare il materiale alle persone giuste proteggendo l’identità del mittente, che gli stessi gestori non sono in grado di conoscere.
“Gestire la pubblicazione – spiega Hellais – significherebbe realizzare una piattaforma resiliente agli attacchi”, cioè in grado di resistere a eventuali tentativi di abbatterla da parte di soggetti a cui dà fastidio questo lavoro, e questo implica avere molti server a disposizione. Perciò si è scelto di evitare la pubblicazione diretta e di comportarsi invece come un collettore per chi è in grado di pubblicare. La cosa più importante da fare, dice, è costruire una filiera, che vada dallo sviluppo del software, alla gestione dei materiali, alla pubblicazione, in cui “la responsabilità non si concentri su un unico soggetto. In questo modo il sistema è più forte”.
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